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Covid-19, gli studi clinici non danno il giusto peso alle differenze di genere

anoressia CovidCon il progredire delle conoscenze sulla fisiopatologia del Covid-19 è diventato più evidente l’impatto delle differenze di sesso e genere sulla malattia. Differenze statisticamente significative tra uomini e donne sono state rilevate nella presentazione clinica della malattia, negli effetti di alcuni trattamenti e negli effetti avversi dei vaccini. Nonostante queste evidenze solo una minoranza degli studi clinici effettuati e in corso, raccoglie e analizza i dati considerando la variabile del sesso.

Lo affermano i ricercatori olandesi e danesi che hanno da poco pubblicato uno studio sulla rivista Nature Communications che analizza sotto il profilo delle differenze di genere gli studi clinici sul Covid-19 registrati sul database americano ClinicalTrials.gov.

L’analisi degli studi clinici sul Covid-19

Nell’introduzione allo studio, come premessa generale, i ricercatori ricordano che:

L’esclusione di un sesso dagli studi clinici e la non disaggregazione dei risultati dei trial per sesso può portare a un’aumentata incidenza di effetti collaterali indesiderati nella popolazione non testata”

Attraverso il motore di ricerca PubMed sono stati identificati  4420 studi sull’infezione da SARS-CoV-2 e sul COVID-19, di cui 1659 osservazionali e 2475 interventistici. Degli studi interventistici, 1161 sono studi randomizzati controllati (RCT) per verificare efficacia e sicurezza di farmaci e vaccini.

I ricercatori precisano che l’analisi si è concentrata sugli studi registrati nel database americano ClinicalTrials.gov, “per la qualità e il dettaglio delle sue registrazioni e perché gli Stati Uniti hanno una guida chiara sulla necessità di considerare il sesso (e il genere) negli studi clinici.”

“Tuttavia – aggiungono gli autori – concentrandoci su ClinicalTrials.gov, abbiamo perso gran parte degli studi condotti al di fuori degli Stati Uniti, il che limita la validità globale dei nostri risultati.”

La maggioranza degli studi non prevede la variabile del sesso nell’analisi dei dati

Il 66,7% (n=2946) dei 4420 studi considerati non fa menzione di sesso/genere nella registrazione dello studio. Solo 178 (4%) studi prevedono di includere il sesso/genere come variabile nell’analisi dei dati, altri 237 studi (5,4%) prevedono un confronto tra campioni dei due sessi e 935 studi (21,2%) considerano sesso/genere solo nel reclutamento dei pazienti.

Delle 45 pubblicazioni di studi randomizzati e controllati (RCT) per verificare l’efficacia e la sicurezza di farmaci per il Covid-19 solo 8 (17,8%) riportano risultati disaggregati per sesso o analisi di sottogruppi.

Perché considerare le differenze di sesso

I ricercatori ricordano alcune delle più importanti differenze di genere riscontrate negli studi sul Covid-19. L’incidenza di effetti collaterali con idrossiclorochina o anafilassi dopo la vaccinazione è maggiore nei soggetti di sesso femminile. Inoltre, anche le trombosi venose sinusali recentemente riportate associate a due dei vaccini basati su vettori sembrano colpire più spesso soggetti di sesso femminile. E aggiungono:

“Alla luce dei risultati attuali, esortiamo i ricercatori che lavorano nel campo della SARS-CoV2 e del COVID-19 ad applicare sistematicamente una metodologia specifica per sesso. Ciò comporta:

  • la registrazione del sesso di tutti i partecipanti;
  • l’inclusione del sesso come variabile indipendente nell’analisi multivariata;
  • l’esecuzione di analisi disaggregate per sesso;
  • la segnalazione dei risultati disaggregati per sesso per l’identificazione univoca delle differenze in termini di efficacia, effetti collaterali e mortalità.

Un approccio generale sensibile al sesso e al genere, affermano gli autori dello studio, dovrebbe essere implementato strutturalmente attraverso obblighi di segnalazione al momento della registrazione delle sperimentazioni cliniche. Questa politica dovrebbe essere istituzionalizzata per garantirne l’applicazione anche in tempi di crisi.

In conclusione gli autori della ricerca affermano:

Le sorprendenti differenze tra i sessi nella mortalità da COVID-19 evidenziano la necessità di una considerazione universale di queste variabili. L’analisi sesso-specifica non può essere abbandonata una volta passata la fase acuta; si sta dimostrando un importante contributo alla dissezione dei meccanismi specifici della malattia. Indagare le differenze di sesso può evidenziare meccanismi altrimenti ignorati e dovrebbe, quindi, essere una componente essenziale di una ricerca solida, riproducibile e socialmente rilevante.”

Alessandro Visca
Alessandro Visca

Giornalista specializzato in editoria medico­­­­-scientifica, editor, formatore.