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Diabete in Italia, una crescita del 60 per cento in vent’anni

  • Alessandro Visca
  • Sanità

Le persone con diabete nel nostro Paese sono più di 3 milioni e mezzo, con una crescita del 60% dal 2000 al 2019. In questo periodo i diabetici sono passati dal 3,8% della popolazione al 5,8%. Una tendenza che trova riscontro a livello europeo. Tra il 2008 e il 2014 il numero di cittadini europei con diabete è cresciuto di 4,6 milioni, ovvero del 28% in sei anni. Il quadro è tracciato nell’Italian Diabetes Barometer Report, realizzato da Italian Barometer Diabetes Observatory (IBDO) Foundation, in collaborazione con Istat e Coresearch.

Tra le cause della diffusione del diabete c’è sicuramente l’invecchiamento della popolazione, che si accompagna a stili di vita sempre più sedentari e l’aumento di sovrappeso o obesità: va aggiunto che il dato statistico riflette anche i miglioramenti nell’approccio alla malattia, con diagnosi più tempestive e cure che prolungano l’aspettativa di vita dei diabetici.

Le differenze regionali nell’incidenza del diabete e nella mortalità

Dal report emergono anche significative differenze fra le Regioni italiane.

“L’aumento della popolazione con diabete si riscontra in tutte le Regioni d’Italia, ma gli incrementi non sono stati omogenei su tutto il territorio. In particolare, rispetto al 2000 le prevalenze standardizzate aumentano maggiormente nelle regioni del Nord e del Centro (escluso il Lazio), che partivano da livelli più bassi. Per il Mezzogiorno fa eccezione la Sicilia che passa dal 4,4 % nel 2000 al 6,9 % nel 2019. Le differenze regionali si mantengono particolarmente elevate nella popolazione anziana, oltre 15 punti percentuali la distanza tra Bolzano e la Calabria, dove la quota di anziani con diabete supera il 25 % e il tasso di mortalità per diabete è superiore alla media nazionale”, spiega Roberta Crialesi, Dirigente Servizio Sistema integrato salute, assistenza, previdenza e giustizia, Istat.

Per quanto riguarda la mortalità, le regioni del Sud hanno dati peggiori rispetto a quelle del Nord. Per esempio in Piemonte i decessi per diabete rappresentano il 2,9% dei decessi totali, una percentuale inferiore alla media nazionale che si attesta al 3,5%, mentre in Puglia, la media regionale è 4,6%.

“Questi dati indicano come ci sia ancora troppa disparità nell’accesso alle cure e ai trattamenti tra le varie Regioni italiane, ma anche tra le singole province di una stessa regione, finendo per fornire un quadro non accettabile all’interno di un Servizio Sanitario nazionale universalistico”, commenta Domenico Cucinotta, Coordinatore e Editor dell’Italian Diabetes Barometer Report.

Appropriatezza terapeutica e assistenza specialistica riducono le ospedalizzazioni

L’aumento della popolazione con diabete negli ultimi anni ha comportato un aumento di spesa per il Sistema Sanitario, ma non per quanto riguarda il costo medio pro-capite. Infatti, secondo i dati dell’osservatorio ARNO diabete, il costo medio annuo nel 2018 è praticamente uguale a quello del 2010. Analizzando le componenti dei costi, si evidenzia un lieve aumento di quelli per la terapia del diabete e per le prestazioni ambulatoriali e un aumento più marcato dei costi per altri farmaci, mentre si sono ridotti in maniera importante i costi per le ospedalizzazioni.

“Questi dati suggeriscono come un investimento nell’appropriatezza terapeutica e nell’assistenza specialistica ambulatoriale possano rappresentare la chiave di volta per ridurre gli ingenti costi delle ospedalizzazioni, a loro volta indice di complicanze del diabete. Solo il 9 per cento della spesa riguarda i farmaci antidiabete; il 31 per cento è legato alle terapie per le complicanze e le patologie concomitanti, mentre oltre il 40 per cento è relativo al ricovero ospedaliero”, spiega Antonio Nicolucci, Direttore CORESEARCH.

Secondo quanto rilevato da uno studio condotto nel 2011 dalla London School of Economics, il costo medio per paziente in Italia risulta marcatamente più basso rispetto a Francia, Gran Bretagna e Germania, dove l’assistenza diabetologica è demandata principalmente alla medicina generale, contrariamente a quanto accade in Italia, dove è invece presente una rete diffusa di strutture specialistiche, in grado di fornire assistenza a oltre il 50 per cento dei pazienti con diabete nel nostro Paese.

“Il modello italiano di cura del diabete è uno dei più efficienti e grandi progressi sono stati fatti negli ultimi anni nella lotta a questa malattia cronica, ma molto ancora si può fare. Per esempio, bisognerebbe implementare i Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali (PDTA) sul diabete in modo che risultino semplici, condivisi ed efficaci, e che, soprattutto, facilitino il superamento delle barriere alla intensificazione terapeutica e favoriscano l’interazione della medicina del territorio con la rete specialistica diabetologica, per la quale l’Italia rappresenta un modello a livello internazionale per la presa in carico della persona con diabete”, dice Andrea Lenzi, Presidente di Health City Institute e del Comitato per la biosicurezza e le biotecnologie della Presidenza del consiglio dei ministri.

Alessandro Visca
Alessandro Visca

Giornalista specializzato in editoria medico­­­­-scientifica, editor, formatore.