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celiachia bambino

Fenilchetonuria, i bisogni dei pazienti e dei caregiver

  • Alessandro Visca
  • Sanità

Agitazione, ansia, stanchezza fisica, sbalzi di umore, difficoltà di memoria e mal di testa. Sono questi, in ordine di frequenza i sintomi segnalati dai pazienti affetti da fenilchetonuria (PKU), una malattia metabolica rara, che limita la capacità dell’organismo di metabolizzare gli alimenti proteici, in particolare quelli contenenti la fenilalanina (Phe), che, se accumulata, può portare nel tempo a effetti tossici che influiscono sulle funzioni neurologiche. Si tratta di una condizione che interessa circa 1 neonato su 10.000 in Europa, e circa 4.000 persone in Italia.

Un’indagine su pazienti e caregiver

Per comprendere meglio il punto di vista del paziente affetto da PKU e della sua famiglia, è stata di recente condotta un’indagine, realizzata da IXE, su un campione di 241 pazienti e caregiver, realizzata grazie al contributo di BioMarin.

Dall’indagine risulta che nella vita quotidiana dei pazienti la PKU impatta in misura consistente nella relazione con il cibo, poi nell’organizzazione del proprio tempo, fattore più pesante tra i caregiver che tra i malati e, in misura minore, su socialità e stato emotivo.

Chiara Cazzorla, psicologa e psicoterapeuta dell’UOC Malattie Metaboliche Ereditarie, Centro Regionale Screening Neonatale Metabolico Allargato dell’Azienda Ospedaliera di Padova, spiega:

la PKU è una patologia complessa che può influire significativamente sulle dimensioni emotive, sociali e comportamentali dei pazienti che ne sono affetti e dei loro familiari. Nonostante un’efficienza cognitiva generale comparabile ai soggetti sani grazie allo screening neonatale, i pazienti possono presentare alcune alterazioni dal punto di vista psicologico ed emotivo. La complessità della dietoterapia nonché l’impatto della patologia possono generare sia nei caregiver che nei pazienti un significativo disagio emotivo, un importante senso di impotenza, nonché frequenti difficoltà nelle relazioni sociali”

Un rigido regime alimentare non facile da mantenere nel tempo

Tra i bisogni evidenziati dai pazienti nella survey, infatti, si trovano l’attesa per una terapia che lasci maggiore libertà, ma anche maggiori informazioni su come gestire viaggi e attività sportive, nonché un supporto psicologico per affrontare le difficoltà e facilitazioni nell’espletare le pratiche burocratiche.

Valentina Rovelli, Clinica Pediatrica AO San Paolo – ASST Santi Paolo e Carlo – Università di Milano, spiega:

attualmente la terapia primaria per questa malattia rara consiste in un rigido regime alimentare ipoproteico, associato all’integrazione di aminoacidi sintetici e vitamine, che comporta un forte impatto sulla qualità di vita dei pazienti. La necessità di mantenere gli interventi di trattamento sul lungo periodo rappresenta uno dei principali motivi per cui i pazienti spesso riducono la propria aderenza nel tempo, stanchi di dover limitare le proprie scelte alimentari con conseguente impatto psicologico/sociale rilevante”.

Uno dei problemi accusati dai pazienti è proprio la difficoltà a seguire la dietoterapia, con conseguenti problemi a livello neuro cognitivo. Se l’80% dei malati gestisce la PKU con una dieta, solo 2 adulti su 10 dichiara di riuscire a seguire perfettamente la dieta a basso contenuto di fenilalanina e oltre la metà di seguirla, ma non perfettamente. La situazione è più semplice per i pazienti in età pediatrica, in quanto seguiti dai genitori, ma le difficoltà possono apparire già nella fase dell’adolescenza quando si sottraggono al controllo parentale.

Novità nel trattamento

A fronte di questa complessa situazione nella gestione della malattia, si segnalano novità nel trattamento, che vanno verso la semplificazione e miglioramento, come spiega la dottoressa  Rovelli:

in alcuni casi risulta possibile associare all’intervento dietetico un supporto farmacologico, costituito dal cofattore dell’enzima non correttamente funzionante nella malattia, tramite terapia orale. Inoltre, di recente, è stato approvato un nuovo farmaco per i pazienti di età maggiore di 16 anni e con valori non controllati di Phe, nonostante il trattamento con le opzioni terapeutiche disponibili. Tale trattamento, somministrato per via sottocutanea, risulta in grado di ridurre significativamente i valori di fenilalanina, raggiungendo valori raccomandati dalle linee guida europee, a fronte di un’alimentazione del tutto libera, una volta raggiunta la fase di mantenimento della terapia.”

Alessandro Visca
Alessandro Visca

Giornalista specializzato in editoria medico­­­­-scientifica, editor, formatore.