Malattia renale cronica. Il ruolo primario della Medicina generale
Stefano Bianchi*, Mariacristina Gregorini**, Luca De Nicola**
* Presidente Società Italiana di Nefrologia, Roma
** Segretario Società Italiana di Nefrologia, Roma
*** Direttore Divisione Nefrologia e Dialisi, Università della Campania L. Vanvitelli, Napoli
L’approccio terapeutico alla malattia renale cronica (MRC) sta cambiando radicalmente rispetto al passato grazie alla recente o prossima introduzione nella farmacopea nefrologica di farmaci innovativi, quali i chelanti del potassio indicati nella terapia cronica della MRC (patiromer e sodio zirconio ciclosilicato), le gliflozine (canagliflozin, dapagliflozin, empagliflozin), gli antagonisti recettoriali dei mineralocorticoidi non steroidei (finerenone), le ultime due nuove classi di farmaci indicati nella MRC proteinurica, nonché gli stabilizzatori orali dell’hypoxia inducible factors-HIF (roxadustat e daprodustat), che consentono una correzione più fisiologica dell’anemia da MRC e una minore richiesta di supplementazione marziale rispetto all’eritropoietina.
La combinazione di questi farmaci con la terapia tradizionale consente di ridurre le principali complicanze della MRC (ipertensione, anemia, iperpotassiemia, eventi cardiovascolari) e di rallentare la progressione del danno renale, ritardando anche di 10 anni la necessità di ricorrere alla terapia sostitutiva (dialisi e trapianto renale).
Questa è la “mission” principale del nefrologo in quanto la dialisi è gravata da aumento esponenziale del rischio di morte, riduzione della qualità di vita e, aspetto rilevante, costi elevati per il Sistema sanitario nazionale (SSN).
Passo preliminare ed essenziale alla implementazione di queste nuove terapie è l’identificazione da parte del Medico di Medicina generale (MMG) dei pazienti che presentano una MRC, in particolare di quelli ad alto rischio di progressione della malattia.
Si tratta di un aspetto “critico” che se sottovalutato preclude di fatto la presa in carico e la gestione ottimale di questi pazienti.
La strategia “3C” per ottimizzare la gestione della MRC progressiva negli ambulatori di MG
La MRC è oggi considerata una priorità per la salute pubblica: il 10-15% della popolazione mondiale vive oggi con questa malattia, e il numero totale di pazienti nel mondo è di poco superiore a 850 millioni, 95% dei quali con malattia non in fase dialitica (in Italia 3-6 milioni) [1,2].
I risultati dello studio Global Burden Disease (GBD) hanno evidenziato che la MRC è un’importante causa di eventi cardiovascolari fatali e non fatali [3]. Sempre lo studio GBD ha evidenziato che tra il 1990 e il 2017, la mortalità da MRC è aumentata del 41%. Per i “sopravvissuti”, la storia naturale porta alla dialisi o al trapianto renale, e gli ultimi dati del registro europeo di dialisi e trapianto mostrano come l’incidenza in dialisi nelle ultime due decadi non sia diminuita, ma anzi sia ancora oggi in crescita [4].
Nonostante il peso della MRC sia di gran lunga superiore rispetto ad altre malattie cronico-degenerative in termini di prevalenza e prognosi, la consapevolezza della malattia è paradossalmente bassa nella popolazione generale e nei medici non nefrologi. Si stima una consapevolezza di MRC che non supera il 20-30% dei pazienti affetti, con frequenze ancora più basse nelle fasi precoci di malattia (circa il 10% nella MRC stadio 1-2), ossia negli stadi di malattia dove l’intervento può indiscutibilmente migliorare la prognosi [5-8].
La scarsa consapevolezza di malattia è determinata in primis dalla scarsità di sintomi sino alle fasi avanzate. D’altra parte, la bassa innovatività terapeutica negli ultimi decenni ha contribuito a generare una sorta di atteggiamento fatalistico sulla terapia conservativa della MRC, abbassando il livello di attenzione dei clinici su questa patologia.
Il peso rilevante ma sottostimato della MRC ha indotto gli esperti delle Linee Guida internazionali in nefrologia a includere nella struttura generale delle raccomandazioni sulla gestione della MRC un piano “proattivo” per l’identificazione e il trattamento precoce negli ambulatori di Medicina generale dei pazienti con MRC ad alto rischio di eventi cardiovascolari e di progressione alla dialisi o al trapianto [8]. Questa strategia innovativa, da considerarsi di pari importanza alla terapia vera e propria, può essere definita come approccio “3C” (Figura 1)
Figura 1 Approccio “3C”
Note: sK, potassiemia; sP, fosforemia; PTH, paratormone; TSAT, indice percentuale di saturazione della transferrina
Questo semplice e innovativo approccio prevede uno screening che il MMG dovrebbe effettuare nei pazienti a più alto rischio di MRC utilizzando test a basso costo, quali il dosaggio della creatininemia per la stima del filtrato glomerulare (eGFR), e la presenza di albuminuria patologica tramite dosaggio del rapporto albumina/creatinina (ACR, mg/g) nel primo campione urinario del mattino. La diagnosi è definita dal persistere per un periodo ≥3 mesi di eGFR <60 ml/min/1,73 m2 o in presenza di albuminuria patologica (ACR >30 mg/g) anche se eGFR >60 ml/min/1,73 m2.
I pazienti con diagnosi di MRC potranno essere trattati negli ambulatori del MMG quando a basso rischio, se a rischio moderato-alto devono essere inviati a consulenza nefrologica e quindi gestiti in maniera condivisa fra MMG e nefrologi, mentre nel rischio molto alto verranno gestiti esclusivamente negli ambulatori nefrologici. In ogni caso, il rapporto MMG-Nefrologi deve rimanere continuo nel tempo, inclusa la fase dialitica e del trapianto renale (Tabella 1).
Tabella 1 Prognosi di MRC in base alle categorie di GFR e albuminuria (KDIGO 2012)
Note: verde, basso rischio (se non altri segni di danno renale, non presenza di MRC); giallo, rischio moderato;
arancione, alto rischio; rosso, rischio molto alto; i numeri inseriti nelle caselle che definiscono
il rischio indicano il numero di controlli clinici e laboratoristici/strumentali da effettuare ogni anno
In tutti gli stadi della MRC la terapia da effettuare deve comunque essere multifattoriale e mirata a raggiungere i goals terapeutici, come da raccomandazioni delle Linee Guida attuali [8-10]. Una collaborazione più stretta tra MMG e nefrologi, basata su un approccio semplificato alla MRC e una precisa definizione del rischio consentirà di ottimizzarne la gestione favorendo la remissione della nefropatia (riduzione eGFR non superiore al calo fisiologico di 1 ml/min/anno) o almeno rallentandone la velocità di progressione verso stadi più avanzati, tramite l’implementazione dei nuovi farmaci nefroprotettivi.
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