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Antibiotici, una guida dell’Aifa per l’uso appropriato

L’Agenzia per il farmaco ha tradotto le indicazioni dell’Organizzazione mondiale della Sanità utili nella pratica clinica per la corretta gestione delle diverse affezioni e per evitare l’aggravamento della resistenza agli antibiotici

Nel 2022 in Italia le percentuali di resistenza alle principali classi di antibiotici per gli otto patogeni sotto sorveglianza si mantengono elevate”: è quanto si legge nell’ultimo rapporto del Sistema di sorveglianza nazionale dell’antibiotico-resistenza pubblicato dall’Istituto superiore di sanità (ISS). Ad allarmare è soprattutto il fatto che le percentuali di ceppi resistenti nel nostro Paese sono decisamente superiori rispetto al resto d’Europa. Nel caso per esempio di Staphylococcus aureus resistente alla meticillina (MRSA), uno tra i principali patogeni ospedalieri a livello globale, tale percentuale arriva al 29,9%, contro una media continentale che supera di poco il 15,2%.

Stesso discorso per Klebsiella pneumoniae resistente ai carbapenemi: 24,9% contro 10,9%, seppur con un netto miglioramento rispetto al valore di 33,2% registrato nel 2015. E se il problema della diffusione dei ceppi batterici resistenti agli antibiotici è ormai evidente in tutto il mondo, è altrettanto acclarato che tra i fattori responsabili di questo preoccupante quadro – non solo chiaramente nel nostro Paese, ma anche a livello globale – vi è l’uso improprio degli antibiotici.

Si stima infatti che circa la metà di tutti gli antibiotici utilizzati sia in qualche modo inappropriata, o perché l’antibiotico viene utilizzato quando non è indicato l’uso di questa classe di farmaci, o perché si utilizza un antibiotico a spettro inutilmente ampio, o infine perché sono errate la dose, la durata del trattamento, la somministrazione oppure la formulazione dell’antibiotico.

È per questo che l’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS) ha redatto l’AWaRe book, ora disponibile anche in lingua italiana grazie alla traduzione dell’Agenzia italiana per il farmaco (AIFA). Si tratta di una breve guida clinica, redatta con l’obiettivo di fornire agli operatori sanitari semplici indicazioni per gestire le infezioni più comuni, comprese alcune raccomandazioni per il trattamento antibiotico empirico alla prima manifestazione clinica e quando sia invece appropriato un approccio “senza antibiotici”.

La pubblicazione scaricabile gratuitamente dal sito dell’AIFA può essere sicuramente utile nella pratica ambulatoriale del medico di Medicina generale, tenuto conto, che circa il 90% di tutti gli antibiotici viene assunto dai pazienti in un contesto di assistenza sanitaria primaria.

Di seguito una sintesi delle indicazioni dell’AWaRe book relative ad alcune delle affezioni di più comune riscontro nell’ambito della Medicina generale.

Bronchite

La bronchite è definita come un’infiammazione autolimitante della trachea e dei bronchi caratterizzata da tosse persistente, associata o meno a febbre che arriva o supera 38 °C, generalmente causata da un’infezione virale.

Gli agenti patogeni più probabili sono:

  • Rhinovirus
  • Virus dell’influenza (A e B)
  • Virus parainfluenzale
  • Coronavirus (compreso SARS-CoV-2)
  • Virus respiratorio sinciziale
  • Metapneumovirus
  • Adenovirus
  • Altri virus respiratori

*NB: I sintomi possono coincidere con quelli della polmonite e comportare un trattamento inappropriato con antibiotici. Questo deve essere evitato con un’attenta valutazione del paziente

 

Faringite

La faringite è un’infiammazione della faringe caratterizzata da mal di gola e deglutizione dolorosa. Tra gli agenti patogeni più probabili, si annoverano: virus (respiratori, nella maggior parte dei casi, o virus di Epstein Barr, più raramente); batteri streptococchi di gruppo A (GAS, nel 5-10% dei casi tra gli adulti) o dei gruppi C e G; più raramente, i sintomi sono riferibili a infezione acuta da HIV e altre malattie sessualmente trasmesse (sifilide, gonorrea), toxoplasmosi acuta e difterite. Tra le cause non infettive, vanno ricordati fattori quali inquinamento, allergeni e fumo di sigaretta.

Durata del trattamento antibiotico
A seconda della prevalenza locale o di anamnesi suggestiva per febbre reumatoide
•Basso rischio di febbre reumatica: 5 giorni
•Alto rischio di febbre reumatica: 10 giorni
Nota: quando si usano claritromicina o cefalexina la durata del trattamento è sempre 5 giorni‚

Riacutizzazioni di BPCO

La broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) è una sindrome che comprende la bronchite cronica e l’enfisema ed è caratterizzata da ostruzione bronchiale con alterazione degli scambi respiratori.
Con il termine riacutizzazione si intende il peggioramento acuto dei sintomi respiratori che va oltre la normale variazione giornaliera dei sintomi. Gli agenti patogeni più probabili sono sia virali sia batterici. Tra i virus vanno menzionati i virus respiratori (nella maggioranza dei casi), i virus dell’influenza (A e B), il virus respiratorio sinciziale (VRS), il virus parainfluenzale, i rhinovirus, i coronavirus (compreso SARS-CoV-2).

Le infezioni batteriche, più rare, possono essere dovute a: Haemophilus influenzae, Moraxella catarrhalis, Streptococcus pneumoniae e a batteri Gram-negativi, compreso Pseudomonas aeruginosa (compresi ceppi multiresistenti). Considerata la gravità della condizione sottostante, è importante che i pazienti con BPCO si attengano ad alcune norme di prevenzione: smettere di fumare, migliorare se possibile la qualità dell’aria negli ambienti interni e sottoporsi alle vaccinazioni rilevanti (per es. contro influenza, S. pneumoniae e SARS-CoV-2), uso di beta-2-agonisti inalatori a lunga durata d’azione (con o senza anticolinergici). Per la terapia inalatoria si veda anche la nota AIFA 99.

*NB: i sintomi possono essere sovrapponibili a quelli della polmonite (è più probabile una polmonite se sono presenti tachicardia, tachipnea a riposo e crepitazioni che persistono dopo la tosse)

Linfadenite

La linfadenite è l’infiammazione e l’ingrandimento acuto (> 1-2 cm) di uno o più linfonodi. La classificazione si basa in primo luogo sul numero di regioni linfonodali interessate: viene perciò definita localizzata, quando è una sola (maggior parte dei casi), o generalizzata, quando le regioni sono più di una. In secondo luogo, occorre considerare l’ubicazione del linfonodo interessato (es. cervicale, ascellare) e la sua profondità (superficiale o profondo).

Gli agenti patogeni più probabili possono essere sia virus che batteri. Le infezioni virali sono quelle più frequenti e possono essere dovute a: virus di Epstein-Barr, Cytomegalovirus, virus respiratori. Tra i batteri, vanno menzionati: Staphylococcus aureus (compreso MRSA), Streptococcus pyogenes (Streptococcus di gruppo A).

In base all’anamnesi e all’esame obiettivo, occorre inoltre considerare, in situazioni specifiche, le infezioni sessualmente trasmesse (es. HIV), le zoonosi (es. toxoplasmosi, brucellosi, tularemia, bartonellosi) e infine le infezioni da micobatteri (anche non tubercolari).

Diarrea acuta infettiva associata a gastroenterite

La diarrea infettiva acuta associata a gastroenterite è definita come la nuova insorgenza di diarrea con tre o più scariche di feci non formate/liquide in 24 ore o più di quanto normale per la persona. La diarrea può essere acquosa o emorragica (dissenteria). È importante anche tenere conto della possibilità di cause non infettive (per es. effetti avversi di medicinali tra cui gli antibiotici, malattie intestinali ed endocrine).
Per quanto riguarda gli agenti patogeni più probabili, occorre tenere conto che la maggior parte dei casi ha origine virale. Nel percorso diagnostico, si raccomanda perciò di considerare fattori di rischio che possono influenzare gli agenti eziologici più probabili:

  • Viaggio recente
  • Consumo recente di alimenti potenzialmente non sicuri
  • Esposizione recente agli antibiotici (rischio di C. difficile)
  • Immunosoppressione
  • Malnutrizione grave.

Più nello specifico:

Diarrea acquosa

  • La causa più probabile è virale (soprattutto rotavirus e norovirus)
  • Considerare il colera in contesti endemici o epidemici

Diarrea emorragica (dissenteria)

  • La causa più probabile sono i batteri, principalmente:
  • Shigella spp.
  • Campylobacter spp.
  • Salmonella diarroica non tifoide
  • Escherichia coli enterotossigeno

Se i sintomi non scompaiono, occorre considerare l’eventualità di infezioni parassitarie:

  • Solitamente i parassiti sono responsabili di diarrea persistente (durata 14-29 giorni) o cronica (durata >30 giorni) piuttosto che di diarrea acuta
  • Entamoeba histolytica
  • Giardia intestinalis
  • Altri parassiti protozoali e molto raramente Schistosoma (specie intestinale).

Tra le misure preventive, vanno ricordate:

  • L’accesso ad acqua potabile, migliori servizi igienico-sanitari, lavaggio delle mani con sapone, buona igiene alimentare, educazione sanitaria sulla diffusione di queste infezioni;
  • La vaccinazione contro il colera nelle aree endemiche e durante le epidemie.

 

Folco Claudi
Folco Claudi

Giornalista medico scientifico