Diabete tipo 2, perché dormire al buio può abbassare il rischio
La prevalenza di diabete di tipo 2 è in continuo aumento, e si stima interessi in Italia circa il 6% della popolazione, cioè più di 3,5 milioni di persone. La correzione degli stili di vita, con dieta ed esercizio fisico, rappresenta una delle prime strategie di prevenzione; accompagnata, quando è necessario, da una terapia farmacologica.
Un recente studio sembra suggerire un’altra semplice misura preventiva, priva di controindicazioni, ossia quella di eliminare le fonti luminose durante la notte, e dormire nella completa oscurità. La ricerca, pubblicata sulla rivista The Lancet, ha infatti mostrato che le persone esposte a una fonte di luce tra le 00:30 e le 6:00 del mattino avevano maggiori probabilità di sviluppare diabete, rispetto a coloro che avevano dormito al buio. I risultati contribuiscono ad accrescere le evidenze rispetto al legame tra l’esposizione alla luce notturna, e la conseguente alterazione dei ritmi circadiani, e l’aumento del rischio di sviluppare diabete di tipo 2.
Lo studio ha utilizzato sensori indossabili
A differenza di studi precedenti, che utilizzavano una misura indiretta dell’esposizione luminosa e consideravano il grado di illuminazione rilevato all’esterno attraverso il satellite, in questo caso i ricercatori hanno preso in considerazione l’esposizione alla luce di ogni partecipante, rilevata attraverso un sensore indossato al polso.
Per l’analisi sono stati considerati circa 85.000 partecipanti alla ricerca UK Biobank; lo studio è il più ampio che, fino a oggi, abbia messo in relazione il rischio di diabete all’esposizione luminosa durante la notte, e il primo su larga scala che abbia valutato il legame tra modelli di esposizione luminosa e salute a lungo termine.
I partecipanti hanno indossato il sensore per una settimana, tra il 2013 e il 2016, durante la quale veniva registrata l’intensità della luce, notturna e diurna, proveniente da ogni fonte luminosa -natura, artificiale digitale; questi soggetti sono stati quindi osservati per otto anni. L’intensità luminosa è stata misurata attraverso il lux (lx), l’unità di misura per l’illuminamento accettata dal Sistema Internazionale; un lux è pari a un lumen per metro quadrato.
La luce che interferisce con il ritmo circadiano può aumentare il rischio di diabete
Circa la metà delle persone considerate era esposta a livelli di luce notturna molto bassi, inferiori a 1 lux (meno della luce emessa da una candela). Questi individui sono stati quelli maggiormente protetti dall’insorgenza di diabete di tipo 2.
Per il gruppo di partecipanti tecnicamente esposti a circa 48 lx è stato, invece, riscontrato un rischio superiore (+1,5 volte) di sviluppare il diabete rispetto agli altri. È stato inoltre rilevato che il rischio seguiva un andamento dose-risposta, ed era più elevato se la fonte luminosa era più intensa. Secondo i ricercatori tale rischio è paragonabile a quello che deriverebbe dall’avere una storia familiare di diabete di tipo 2.
L’associazione tra esposizione alla luce notturna e aumento del rischio di diabete è stata confermata anche dopo aver considerato la possibile influenza di variabili socio-economiche, alimentazione, fumo.
Per spiegare le ragioni alla base della relazione trovata, i ricercatori ribadiscono che l’esposizione alla luce durante il sonno può alterare il ritmo circadiano, il quale riveste un ruolo importante per tutti i processi biologici, incluso quello di metabolizzazione degli zuccheri. La disregolazione del ritmo circadiano è associata a insulino-resistenza, condizione che anticipa l’insorgenza del diabete tipo 2. Viene ipotizzato anche un ruolo della melatonina, ormone implicato nella gestione della risposta dell’organismo all’insulina; la cronica esposizione alla luce notturna provocherebbe una riduzione del livello di melatonina che, nel lungo periodo, potrebbe portare a cattivi esiti a livello metabolico.
In conclusione, precisano i ricercatori, evitare l’esposizione alla luce durante la notte potrebbe essere una raccomandazione semplice e costo-efficace in grado di mitigare il rischio di diabete.