“Tra le armi a disposizione del nefrologo per allontanare, per quanto possibile, la necessità di dialisi, c’è l’approccio dietetico nutrizionale calibrato, il quale dipende dallo stadio di severità della malattia: nelle fasi iniziali e intermedie della malattia sarà mirato a rallentarne la progressione, in quelle più avanzate avrà il ruolo di ridurre il carico di complicanze e la sintomatologia”.
La terapia dietetico nutrizionale prevede un’adeguata idratazione e una riduzione dell’apporto di proteine animali, caratterizzate da un profilo amminoacidico tale da stimolare la iperfiltrazione glomerulare; “si tratta di un meccanismo di compensazione che, tuttavia, al tempo stesso diventa anche uno dei fattori che accelerano la progressione della malattia renale cronica. Inoltre a differenza di quanto si riteneva fino a qualche anno fa, l’apporto di frutta e verdura, fonti di fibre e anche di alcali, è da ricercare; ovviamente con cautela. Nelle fasi più avanzate si cercherà, ad esempio con una dieta a basso tenore di fosforo, di ridurre le complicanze legate all’iperparatiroidismo che il paziente tende a sviluppare nelle fasi finali di malattia”.
La terapia nutrizionale si deve necessariamente integrare con il trattamento farmacologico. “La maggioranza dei farmaci condivide il meccanismo della riduzione della iperfiltrazione glomerulare con la dieta ipoproteica. È quindi possibile immaginare che i due approcci siano non complementari, ma che agiscano sulle stesse vie. A oggi è buona prassi sia consigliare determinate regole nutrizionali al paziente, sia instaurare le terapie raccomandate dalle linee guida”.


