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Depressione, nuove evidenze sul rapporto con il microbiota

La depressione nelle sue varie manifestazioni, che vanno dai sintomi depressivi occasionali alla depressione maggiore, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità è una delle principali cause di disabilità a livello globale. I disturbi depressivi sono cresciuti in modo significativo nell’ultimo decennio ed è prevedibile che l’impatto sulla vita sociale, lavorativa e affettiva della pandemia da coronavirus comporterà un ulteriore drammatico aumento delle sindromi depressive.

La depressione si contrasta con la psicoterapia e l’uso di farmaci antidepressivi, più spesso con una combinazione dei due approcci. Negli ultimi anni sta crescendo l’interesse per il ruolo della nutrizione per la prevenzione e anche come ausilio alle terapie antidepressive.

È ormai acquisito il collegamento tra apparato digestivo e neurologico, attraverso il cosiddetto asse intestino-cervello, ma anche attraverso altre vie metaboliche, che determinano l’influenza degli alimenti sulle funzioni cerebrali. È quindi fondata l’ipotesi che il regime alimentare possa influire sullo stato dell’umore, oltre che sulle capacità cognitive nel corso del tempo.

Microbiota intestinale e depressione maggiore

Tra le ricerche più recenti, un nuovo studio cinese, pubblicato sulla rivista Science Advances, ha messo in relazione i disturbi da depressione maggiore con lo stato di salute del microbiota intestinale.

I ricercatori hanno esaminato i campioni fecali di 156 persone con disturbi depressivi e 155 persone senza la patologia. I campioni sono stati sottoposto a un’analisi genetica per identificare i batteri e le altre componenti. Il team ha anche eseguito la spettrometria di massa gascromatografica.

Da queste analisi sono emerse differenze nel microbiota dei soggetti depressi rispetto a quelli sani. in particolare, sono state identificate  47 specie batteriche diverse, insieme a 50 metaboliti fecali e tre batteriofagi anch’essi diversi. Inoltre i pazienti con depressione avevano  livelli più elevati di batteri del genere Bacteroides e livelli più bassi di quelli che appartenevano alle specie Eubacterium e Blautia.

Gli autori di questo studio fanno notare che i livelli più elevati di Bacteroides nel microbiota dei pazienti depressi potrebbero spiegare la maggiore presenza di citochine proinfiammatorie che solitamente si nota in questi soggetti rispetto alla popolazione generale.

Infine gli autori sottolineano come l’analisi del microbiota intestinale potrebbe fornire indicazioni utili anche per la diagnosi della depressione.

 

Alessandro Visca
Alessandro Visca

Giornalista specializzato in editoria medico­­­­-scientifica, editor, formatore.