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paziente e medico

Celiachia, come gestire al meglio il follow-up del paziente

Qual è il percorso ideale di un paziente dopo la diagnosi di celiachia? A quali controlli deve sottoporsi e con quale frequenza? Da chi deve essere seguito? Quali sono gli obiettivi da raggiungere e da verificare con il follow-up? A queste domande cerca di rispondere un articolo da poco pubblicato sulla rivista Nutrients firmato da centri specialistici di vari paesi europei (Paesi Bassi, Italia, Svizzera), Usa, Australia, India. Il contributo italiano viene dal Centro per la Prevenzione e Diagnosi della malattia celiaca, Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano.

Dalla ricerca emerge l’importanza di un approccio multidisciplinare e la necessità di mettere a punto delle linee guida globali per il follow-up del paziente celiaco, che dovranno tenere conto realisticamente delle possibilità offerte dai diversi sistemi sanitari.

A fronte del continuo aumento delle diagnosi di celiachia, il follow-up del paziente celiaco sarà sempre meno gestito esclusivamente dagli specialisti, con un nuovo ruolo per i medici di famiglia e un ricorso sempre maggiore alle nuove possibilità di assistenza a distanza offerte dalle tecnologie digitali.

Organizzare il percorso dopo la diagnosi

“I pazienti celiaci – scrivono gli autori dell’articolo – soprattutto nei primi anni dopo la diagnosi, hanno bisogno di assistenza e di una guida esperta per orientarsi tra le loro opzioni dietetiche e terapeutiche e gestire, oltre alla malattia, le sfide sociali e nutrizionali.”

Tuttavia, spiegano gli autori “il follow-up è spesso incoerente, inadeguato, mal pianificato o addirittura assente per molti pazienti con celiachia.” Anche se “il follow-up a lungo termine è rilevante dato che i sintomi persistenti e i cambiamenti della mucosa si verificano nel 20-40% dei pazienti adulti con celiachia.”

Gli obiettivi da raggiungere

Il follow-up del paziente celiaco deve verificare e promuovere il raggiungimento di alcuni obiettivi, tra cui ci sono: la risoluzione dei sintomi, la normalizzazione del peso, la prevenzione del sovrappeso, la sieroconversione, le prevenzione di possibili comorbidità (vaccinazione, screening per l’osteoporosi, ecc.).

A questi obiettivi si può aggiungere come endpoint la guarigione della mucosa intestinale, ossia una risoluzione delle anomalie dei villi dell’intestino tenue (punteggio Marsh 0-1).

L’approccio multidisciplinare

L’assistenza a un soggetto celiaco – secondo gli autori – dovrebbe sempre includere: un gastroenterologo per diagnosi e cure mediche; un dietista specializzato in celiachia per un piano dietetico gluten-free e per i follow-up; un supporto psicologico e un sostegno per l’attuazione della dieta al lavoro, a scuola e in famiglia. Scrivono gli autori:

il fenotipo clinico del paziente celiaco è altamente eterogeneo, di conseguenza vi è una variazione significativa nel modello e nella complessità dei sintomi e dei problemi medici associati; la cura dei pazienti con malattia celiaca richiede flessibilità e gestione clinica individualizzata con la collaborazione tra il paziente e i membri del team di assistenza.”

La figura mostra uno schema della collaborazione fra il paziente e le diverse figure professionali, da coinvolgere nel follow-up.

 

Fonte: Nutrients 2023, 15, 2048 https://doi.org/10.3390/nu15092048, mod.

Monitoraggio della malattia

Le linee guida europee e internazionali sottolineano la necessità di un follow-up dei pazienti celiaci per il monitoraggio della malattia e per la verifica della reale aderenza alla dieta senza glutine.

Tuttavia, non ci sono indicazioni concordi sulla frequenza di visite e controlli per i pazienti che non hanno complicazioni. I controlli di routine – secondo gli autori dell’articolo – dovrebbero verificare l’aderenza alla dieta gluten free, valutare lo stato nutrizionale del paziente e monitore le possibili comorbidità.

Fonte: Nutrients 2023, 15, 2048 https://doi.org/10.3390/nu15092048, mod.

Gli autori evidenziano alcuni aspetti da tenere in particolare considerazione nel follow-up, che comprendono:

  • il monitoraggio dei pazienti slow responder, ossia che hanno ancora sintomi a sei mesi/un anno dall’inizio della dieta senza glutine;
  • l’attenzione da dedicare ai sintomi neurologici e disturbi dell’umore (atassia, neuropatie neurologiche, nebbia cerebrale, ansia, depressione);
  • il consulto con un dermatologo in caso di manifestazioni cutanee;
  • verifica della normalizzazione dei parametri di laboratorio fuori della norma alla diagnosi;
  • il monitoraggio della funzione epatica.

Inoltre, si sottolinea l’importanza della verifica dello stato di salute delle ossa, dato che nei celiaci è frequente l’osteopenia o l’osteoporosi.

Altri aspetti da non trascurare nel follow-up del paziente celiaco sono: la verifica di eventuali altre patologie autoimmuni (in particolare l’ipotiroidismo); la necessità di sostegno psicologico; la raccomandazione della vaccinazione antipneumococcica (in quanto il rischio di infezione e mortalità per questa causa è più alto nei celiaci).

Valutazione dell’aderenza alla dieta gluten free

Attualmente, i metodi disponibili per valutare l’aderenza alla dieta senza glutine (GFD) sono: interviste a medici e dietisti e misurazione dei titoli anticorpali specifici per la celiachia. In casi particolari si può utilizzare anche la biopsia.

Tuttavia, questi approcci non sono sufficientemente sensibili. È noto che la negatività gli anticorpi anti-TG2 non indica necessariamente una buona aderenza alla GFD ed è anche scarsamente correlata al recupero della mucosa.

Gli autori sottolineano che:

la valutazione dietetica rimane centrale in questo processo. Dovrebbe essere eseguita da dietisti qualificati con una formazione adeguata. La consapevolezza di ciò che implica una GFD è di grande importanza clinica perché interpretazioni errate relative al contenuto di glutine degli alimenti possono portare a un’esposizione al glutine non riconosciuta e, successivamente, a danni persistenti della mucosa. Il grado di aderenza è più alto nei pazienti che hanno ricevuto informazioni più accurate.”

Per quanto riguarda lo screening dei familiari dei soggetti celiaci, in generale, si raccomanda di sottoporre a screening i parenti di primo grado sintomatici; lo screening dei familiari asintomatici non è raccomandato ma può essere preso in considerazione.

Il ruolo del medico di medicina generale

I medici di medicina generale possono svolgere un ruolo importante nella gestione dei pazienti celiaci, a condizione che – precisano gli autori dell’articolo – ricevano una formazione adeguata, siano supportati da linee guida e abbiano un accesso facilitato agli specialisti.

I medici di famiglia possono avere un ruolo chiave nel far emergere i casi di celiachia non diagnosticati e nel seguire il percorso dei pazienti dopo la diagnosi.

Un altro supporto importante può venire dalle tecnologie digitali potrebbero aumentare l’aderenza alla GFD e ridurre il numero di visite ambulatoriali. Per raggiungere questi obiettivi andranno sviluppati punteggi o altri criteri standard efficaci per la valutazione a distanza dei pazienti.

In collaborazione con Dr. Schär

Alessandro Visca
Alessandro Visca

Giornalista specializzato in editoria medico­­­­-scientifica, editor, formatore.