Skip to content
Sedentario

Combattere la sedentarietà fa bene al cuore e fa risparmiare il SSN

Il 12 maggio si celebra la terza Giornata italiana per la prevenzione cardiovascolare: il nostro è un Paese in cui l’attività fisica è sotto la media OCSE, con gravi ripercussioni sulla spesa sanitaria.

Per il prossimo 12 maggio, la Società Italiana per la Prevenzione Cardiovascolare (SIPREC) ha organizzato la terza Giornata Italiana dedicata a questa tematica. La celebrazione sarà l’occasione per fare una fotografia della situazione del nostro Paese nell’ambito dell’attività fisica, uno dei fattori più importanti ai fini preventivi. Se si fa riferimento al sistema di sorveglianza italiano PASSI (Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in Italia) per il biennio 2020-2021, il quadro che appare non è confortante, considerato che oltre il 30% del campione ammette la propria sedentarietà, una condizione responsabile del 9% circa delle malattie cardiovascolari. Da sottolineare inoltre che la prevalenza dell’inattività aumenta con l’età, associandosi a un peggioramento delle condizioni di salute e all’insorgenza di patologie.

L’inattività fisica è la quarta causa di mortalità

Alessandro Biffi, specialista in Cardiologia e Medicina dello Sport e membro del Consiglio Direttivo di SIPREC, oltre che della Commissione scientifica della Federazione medico-sportiva del CONI, ha dichiarato:

da anni, numerosi studi scientifici hanno inserito l’inattività fisica tra i principali fattori di rischio cardiovascolare e addirittura come quarta causa di mortalità nel mondo; di contro, è evidente, che l’attività fisica, magari svolta secondo gli standard minimi indicati dalle Linee Guida della Società di Cardiologia Europea, svolga un ruolo cruciale nella prevenzione dei fattori di rischio. Le indicazioni sono semplici e possono essere seguite da tutti: bastano 150 minuti a settimana di attività semplice come una corsa leggera, una camminata o una pedalata”.

L’attività fisica rafforza anche la capacità di risposta immunitaria

Da non dimenticare, inoltre, che l’esercizio è uno dei pilastri anche della prevenzione secondaria. In merito, Biffi ha aggiunto:

il movimento fisico dopo l’insorgenza di una patologia cardiovascolare con complicanze importanti è ormai inserito nei piani di riabilitazione, alla stregua del trattamento farmacologico. Non va trascurata, inoltre, una motivazione importante a favore dell’attività fisica costante: il rafforzamento del sistema immunitario, la nostra barriera naturale contro ogni tipo di evento avverso. Molti studi recenti hanno dimostrato, per esempio, che chi era abituato a fare attività fisica costante e quotidiana non ha contratto il Covid o ne ha gestito meglio il decorso, senza complicazioni respiratorie”.

La sedentarietà costa 3,8 miliardi di euro all’anno

Infine, vale la pena ribadire che la correzione degli stili di vita troppo sedentari ha una ricaduta significativa anche in termini di risparmio per le casse dello stato – un dato non trascurabile in un paese come l’Italia, che si pone al secondo posto nella classifica europea delle spese sanitarie nazionali dovute proprio alla sedentarietà: si parla di un valore annuo pari a circa 3,8 miliardi di euro per costi diretti e indiretti e di un’incidenza sul totale della spesa sanitaria pubblica e privata pari all’1,7% del PIL.

L’importanza di questo aspetto è stato recentemente sottolineato dal Rapporto “Stet UP” pubblicato dall’Ufficio europeo dell’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS) e dall’OCSE, nonché dal rapporto del Forum “The European House- Ambrosetti”. Quest’ultimo, in particolare, ha calcolato che se la pratica sportiva del nostro Paese fosse nella media OCSE, si potrebbero risparmiare circa 32 miliardi fino al 2050, evitando, in particolare, oltre 11 milioni di nuovi casi di malattie non trasmissibili entro la stessa data, inclusi 3,8 milioni di casi di malattie cardiovascolari.

Sul tema, ha concluso Biffi:

occorre invertire la rotta investendo proprio sulla prevenzione e sull’educazione. Superfluo dirlo, ma vale sempre la pena ribadirlo: bisogna partire dalle scuole, dai luoghi di aggregazione giovanili e dagli ambulatori dei medici di famiglia. Spetterà alle istituzioni, poi, organizzare campagne nazionali di comunicazione e informazione per far arrivare in modo capillare il messaggio secondo cui fare attività fisica è vero atto di difesa della salute pubblica”.

Folco Claudi
Folco Claudi

Giornalista medico scientifico