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colesterolo LDL

Ipercolesterolemia: inadeguato il trattamento della popolazione a rischio

Solo il 20% dei soggetti con elevati livelli di colesterolemia affronta il problema in modo adeguato: occorrono percorsi di cura condivisi tra ospedale e territorio

Che gli elevati livelli di colesterolo siano nemici della salute è ormai una nozione entrata nella percezione comune. Ciò però non sembra corrispondere a un’adeguata presa di coscienza di come si possano evitare i guai peggiori di questo fattore di rischio: su oltre un milione di pazienti a più alto rischio, l’80% non raggiunge il target indicato dalle più recenti linee guida internazionali.  Il risultato è che le malattie cardiovascolari fanno circa 224mila vittime ogni anno, delle quali circa 47.000 da ricondurre proprio al mancato controllo del colesterolo. Non si tratta peraltro di una condizione che riguarda esclusivamente la fascia di età più elevata: le stime epidemiologiche mostrano infatti che la malattia subclinica si manifesta nel 73% nel sesso maschile e nel 43% di quello femminile già in età giovanile e nella mezza età.

Organizzare la prevenzione sul territorio

In questo quadro, s’impone un cambio di paradigma, puntando su progetti di prevenzione effettivamente efficaci. Se ne è parlato nel corso del convegno online “PNRR, ipercolesterolemia, rischio cardiovascolare tra bisogni irrisolti, innovazione e nuove necessità organizzative – Lombardia”, che si è tenuto recentemente con il contributo incondizionato di Daiichi-Sankyo.

Fabrizio Oliva, direttore della struttura complessa e responsabile della struttura semplice Cardiologia 1 – Emodinamica unità di cure intensive cardiologiche dell’Ospedale Niguarda di Milano, ha dichiarato:

Per molti anni ci siamo focalizzati sulla cura delle malattie ma non sul preservare la salute, vi è la necessità di cambiare approccio. Servono pertanto: una valutazione più precoce dei soggetti a rischio, campagne educazionali a livello scolastico e lavorativo, a livello nazionale e regionale, coinvolgimento della medicina generale (prevenzione primaria); valorizzare la profilazione del rischio e il raggiungimento dei target terapeutici, prevedere adeguati percorsi di follow-up condivisi da specialisti e medici di medicina generale per favorire, se necessario, l’ottimizzazione del trattamento farmacologico, valutando l’aderenza e la persistenza terapeutica; iniziare i farmaci raccomandati più precocemente, trattare in modo più aggressivo, utilizzare le combinazioni terapeutiche”.

Percorsi di cura da ripensare

Da ripensare in questa nuova ottica sono quindi i percorsi di cura. Come spiega Edoardo Conte, referente del Poliambulatorio cardiovascolare Unità di Cardiologia Universitaria IRCSS Ospedale Galeazzi Sant’Ambrogio:

la sempre più complessa gestione terapeutica rende necessaria l’implementazione di modelli ambulatoriali suddivisi per patologie ai quali i pazienti che ne hanno maggior bisogno possano accedere in modo prioritario e senza difficoltà: l’erogazione di prestazioni ambulatoriali cardiologiche generaliste rende spesso poco efficace il follow-up del paziente a parità di prestazioni offerte. A compromettere ulteriormente l’aderenza terapeutica sono spesso difficoltà burocratiche e la distanza tra territorio e ospedale; tale distanza deve essere colmata mediante un maggior coinvolgimento del medico di medicina generale nell’attività ospedaliera.”

L’abbattimento delle liste d’attesa essenziale per la prevenzione

Il punto nodale della questione è dunque la riorganizzazione dell’assistenza territoriale, tema rilanciato con forza proprio dal PNRR, nella sezione dedicata alla Sanità. Carlo Borghetti, vicepresidente del Consiglio regionale, componente della III Commissione permanente – Sanità e Politiche Sociali, ha concluso:

esistono terapie estremamente efficaci, ma è necessario intervenire anche sulla riorganizzazione della medicina territoriale, sull’abbattimento delle liste d’attesa perché un paziente non può attendere mesi per poter svolgere un esame: non è concepibile, se veramente si vuol fare una efficace prevenzione, costringere un paziente a doversi barcamenare tra i call center pubblici e privati per poter ottenere una visita specialistica o un esame che nella maggior parte dei casi può salvargli la vita. Prevenzione e abbattimento liste d’attesa devono andare di pari passo e, a questo proposito, la realizzazione delle Case della Comunità può essere una straordinaria occasione per dare una risposta a questa patologia, a patto che ci sia una vera volontà politica di realizzarle come un luogo di integrazione sociosanitaria reale come previsto dal PNRR.”

Folco Claudi
Folco Claudi

Giornalista medico scientifico