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Scompenso cardiaco, le comorbidità aumentano il rischio di re-ospedalizzazione

Secondo un’analisi condotta dall’IRCCS MultiMedica e dall’Università Statale di Milano, pubblicata sullo European Journal of Internal Medicine, i pazienti dimessi dall’ospedale con diagnosi di scompenso accompagnato da più di quattro comorbidità, rispetto a chi non ne ha alcuna, hanno un rischio doppio di re-ricovero, durante il quale trascorreranno in ospedale più del doppio dei giorni, e un rischio di mortalità per tutte le cause due volte superiore.

Lo studio epidemiologico osservazionale è stato condotto accedendo ai database sanitari messi a disposizione da Regione Lombardia (su oltre 10 milioni di residenti), attraverso un sistema di sicurezza che anonimizza i dati e ne consente l’uso ai ricercatori solo a fini di elaborazione statistica. Lo studio è stato condotto su un’ampia popolazione “real-world” di pazienti, rilevando come in oltre 88.500 dimessi con una diagnosi primaria di scompenso cardiaco, nel periodo 2015-2019, in Lombardia, si siano verificate quasi 80.000 re-ospedalizzazioni per la medesima patologia in circa 42 mesi di follow-up.

Antonio E. Pontiroli, professore di Medicina Interna all’Università Statale di Milano, ideatore e coordinatore dello studio, spiega:

oggi lo scompenso cardiaco viene valutato sulla base delle classi NYHA (New York Heart Association), basate solo sui sintomi della cardiopatia, senza una descrizione della sua possibile evoluzione nel tempo. Il nostro lavoro dimostra come la concomitanza di altre patologie non cardiache rappresenti un valido indicatore di gravità dello scompenso e della sua probabile traiettoria clinica, candidandosi a diventare un nuovo e utile strumento per stratificare il rischio dei pazienti e selezionare quelli in cui intensificare precocemente le cure, per evitare seconde ospedalizzazioni. Un’opportunità quanto mai importante, se si considera che lo scompenso è la prima causa di ricovero negli ultra 65enni ed è considerato un problema di salute pubblica di enorme impatto. Scongiurare che pazienti già ricoverati tornino in ospedale una seconda o una terza volta permetterebbe di contribuire alla riduzione degli alti costi sanitari generati da questa patologia”.

alessandro visca
Alessandro Visca

Giornalista specializzato in editoria medico­­­­-scientifica, editor, formatore.