Sindrome del colon irritabile, ridurre zuccheri e amidi può controllare i sintomi
La sindrome del colon irritabile (IBS) è un disturbo diffuso – si stima interessi il 4% della popolazione globalmente – e si presenta con sintomi gastrointestinali come gonfiore, dolore addominale, irregolarità dell’alvo, spesso più intensi a seguito dell’ingestione di cibo. I possibili sintomi extra-intestinali sono vari e possono riguardare reflusso gastrico, cefalea, mal di schiena, dolori muscolari, nausea, stanchezza, urgenza urinaria, difficoltà a consumare un intero pasto.
La scelta di uno schema alimentare è particolarmente rilevante per i pazienti che soffrono di questa sindrome. Nelle linee guida NICE (National Institute for Health and Care Excellence) ai pazienti con IBS viene consigliata una dieta a basso contenuto di FODMAP. Questo tipo di schema alimentare si incentra sulla riduzione di cibi contenenti lattosio, fruttosio, fruttani galatto-oligossacaridi e polioli. La dieta esclude anche gli alimenti contenenti glutine. I carboidrati fermentabili, infatti, tendono ad aumentare il contenuto di acqua a livello del piccolo intestino e la produzione di gas nel colon, portando a distensione addominale e alterazioni dell’alvo.
Un recente studio svedese, condotto dalla Lund University e pubblicato sulla rivista Nutrients, ha messo in evidenza come una dieta a ridotto contenuto di zuccheri e amidi (starch- and sucrose-reduced diet, SSRD) possa essere efficace quanto la dieta a basso contenuto di FODMAP, per controllare i sintomi associati alla sindrome del colon irritabile. Il risultato è interessante in quanto si tratta di uno schema dietetico più facilmente applicabile rispetto alla dieta low FODMAP.
Confronto di non inferiorità tra due regimi dietetici
La scelta di investigare il ruolo degli zuccheri e degli amidi nello sviluppo della sintomatologia legata a IBS deriva dal fatto che, in questi soggetti, una variante genetica che ostacola la degradazione degli zuccheri e degli amidi nell’intestino sarebbe sovraespressa.
Lo studio, randomizzato, ha coinvolto 155 pazienti con diagnosi di IBS, per confrontare gli effetti dei due regimi alimentari sulla sintomatologia indotta dalla sindrome del colon irritabile. I pazienti sono stati casualmente assegnati alla dieta low-FODMAP oppure alla dieta SSRD, entrambe da proseguire per quattro settimane. In entrambi i gruppi, i partecipanti erano tenuti a seguire i principi base di ogni regime dietetico, ma avevano facoltà di scegliere tempi e frequenza dei pasti. Inoltre non sono stati richiesti cambiamenti rispetto alle abitudini in termini di attività fisica ed eventuale assunzione di farmaci/integratori/probiotici, mentre non era permesso iniziare una nuova dieta o terapia farmacologica.
I pazienti sono stati seguiti per sei mesi. La valutazione dei sintomi è stata effettuata attraverso specifici strumenti psicometrici (Rome IV questionnaire e VAS, visual analog scale). La dieta SSRD prevedeva l’eliminazione di tutti i cibi contenenti saccarosio; permessa invece una porzione al giorno di pane integrale o porridge di avena, e una di pasta o riso integrali.
Per i soggetti intolleranti alle fibre, era permesso inserire nella dieta piccole quantità di riso o pasta raffinati. I cereali integrali erano raccomandati in sostituzione dei cereali da colazione, un alimento processato. Nessuna restrizione invece per carne (maiale, manzo, agnello, pesce, tacchino, pollo) e uova, mentre dovevano essere evitate le carni lavorate industrialmente, come bacon e salsicce, se contenenti zuccheri o amidi.
Permessi i prodotti lattiero-caseari, ma non il latte di soia o di avena. Frutta secca e semi erano raccomandati al posto degli snack zuccherati. Permessi anche i condimenti, come olio e burro (ma non la margarina) così come sale, pepe ed erbe aromatiche.
Una dieta a ridotto contenuto di amidi e zuccheri è efficace quanto la dieta low-FODMAP
L’analisi ha rivelato che in entrambi i gruppi, a prescindere dalla dieta seguita, i sintomi gastrointestinali ed extra-intestinali associati alla sindrome del colon-irritabile sono migliorati nel 75%-80% dei pazienti; un risultato che secondo il parere dei ricercatori sarebbe superiore alle aspettative. Il gruppo assegnato alla dieta SSRD inoltre ha mostrato una più marcata riduzione del peso, dell’indice di massa corporea e delle “abbuffate di dolci”.
Bodil Ohlsson, docente Lund University, afferma:
definire la SSRD dieta è in realtà quasi improprio, in quanto rispecchia il modo in cui ciascun individuo dovrebbe alimentarsi. Rispetto alla low-FODMAP, la dieta SSRD è più semplice da comprendere e seguire, e meno restrittiva, con vantaggi per il paziente e per la gestione delle occasioni sociali”.