L’associazione tra patologie parodontali e rischio cardiovascolare è emersa con chiarezza in diverse ricerche. Nuovi dati utili in questo ambito sono offerti da una ricerca condotta dall’Università del South Carolina e presentata alla International Stroke Conference 2025. Si tratta di uno studio che ha valutato l’effetto dell’uso regolare del filo interdentale (flossing) sul rischio di ictus ischemico.
I ricercatori hanno considerato 6.278 partecipanti allo ARIC Study (Atherosclerosis Risk in Communities Study), con un’età media di 62 anni, tutti liberi da ictus o fibrillazione atriale al momento dell’inclusione. I partecipanti, che fanno parte di uno studio in corso iniziato nel 1987 negli Usa, hanno completato -nel periodo 1996-98- un questionario strutturato sulle proprie abitudini di igiene orale. È stato considerato come “regolare” l’uso del filo interdentale almeno una volta alla settimana. Inoltre, è stata valutata la frequenza delle visite dentistiche, con “visite annuali regolari” considerate come standard.
I partecipanti sono stati seguiti regolarmente per oltre 25 anni; nel periodo di follow-up sono stati identificati 434 casi di ictus, di cui 146 di tipo trombotico e 102 cardioembolico.
Il ruolo di variabili confondenti come età, sesso, etnia, obesità, ipertensione, diabete, livello educativo, abitudine al fumo, uso regolare dello spazzolino e frequenza delle visite dentistiche è stato considerato nell’analisi statistica. Gli appartenenti al gruppo di utilizzatori di filo interdentale presentavano infatti minori fattori di rischio cardiovascolare rispetto ai non utilizzatori: ipertensione (31,5% vs 36,3%); diabete (11,7% vs 16,1%). Gli utilizzatori mostravano anche livelli più alti di colesterolo HDL e livelli significativamente inferiori di malattia parodontale e carie dentale.
Il flossing regolare potrebbe ridurre il rischio fibrillazione atriale e di ictus
I risultati di questa ricerca hanno evidenziato una correlazione significativa tra la regolare pratica di flossing e un rischio inferiore di ictus ischemico in generale (HR aggiustato 0,79; IC al 95%: 0,64-0,97), ictus di tipo cardioembolico (HRa 0,56; 0,36-0,86) e fibrillazione atriale (HRa 0,88; 0,78-1,00).
Secondo Souvik Sen, del dipartimento di Neurologia, University of South Carolina School of Medicine Columbia: “la riduzione del rischio di ictus è principalmente attribuibile alla riduzione dell’incidenza di ictus cardioembolico, che potrebbe essere correlata a un minor rischio di fibrillazione atriale (FA) » mentre non dipenderebbe dalla pratica di igiene orale che si limiti all’uso dello spazzolino e a controlli regolari dal dentista.
«Il flossing, poiché permette di rimuovere placca e residui negli spazi interdentali, ha un impatto addizionale; la placca è causa di danno gengivale e carie che portano a infiammazione che, a sua volta, aumenta il rischio di FA e la probabilità di eventi cardiovascolari. Si tratta di un risultato importante, data la crescente incidenza di ictus legato alla FA, sulla cui prevenzione non sono stati fatti sufficienti sforzi» ha concluso il ricercatore.
Lo studio ha anche evidenziato un effetto dose-risposta significativo tra la frequenza dell’uso del filo interdentale e la riduzione dell’incidenza di ictus ischemico, e inoltre la mancanza di associazione significativa tra flossing e incidenza di ictus trombotico.
Secondo i ricercatori, poiché la pratica regolare del flossing permette di abbassare il livello di infiammazione generale e delle infezioni orali, questo si configura come una misura preventiva facilmente accessibile che potrebbe costituire una strategia efficace di prevenzione cardiovascolare primaria, soprattutto nelle aree rurali, dove l’accesso alle cure odontoiatriche è limitato.