
Uno strumento per predire il rischio genetico di diabete di tipo 2
Validato un punteggio poligenico che funziona in particolare per valori bassi di BMI ed emoglobina glicata
Con oltre 500 milioni di soggetti affetti in tutto il mondo e una prevalenza prevista di quasi 800 milioni entro il 2045, il diabete di tipo 2 (T2D) si conferma come un problema di salute globale. Inoltre, nonostante i progressi nelle terapie, le cifre epidemiologiche mostrano ancora un notevole eccesso di mortalità e di complicanze cardiovascolari associati a questa condizione ed è perciò sempre più pressante la necessità di strumenti per una diagnosi precoce e l’identificazione precoce delle persone a più alto rischio d’insorgenza di T2D.
Gli indicatori di rischio tradizionali, come la glicemia elevata e l’indice di massa corporea (BMI), sono associati a un rischio sostanziale di sviluppare il T2D, ma probabilmente si manifestano più tardi nello spettro di sviluppo della malattia. Nei soggetti più giovani, in cui molti di questi fattori di rischio clinico non si sono ancora sviluppati, l’indicatore principale del rischio di diabete può risiedere nella loro predisposizione genetica.
A questo proposito, Filipe A. Moura, della Yale School of Medicine a New Haven, nel Connecticut, e colleghi, hanno verificato il valore predittivo di un punteggio poligenico (PGS) per il diabete di tipo 2 (T2D) nel rilevare il diabete incidente.
Secondo quanto riferito sulla rivista “Diabetes, Obesity & Metabolism”, l’analisi si è basata sui partecipanti allo studio FOURIER (Further Cardiovascular Outcomes Research With PCSK9 Inhibition in Subjects With Elevated Risk), che ha confrontato l’efficacia di evolocumab, inibitore della PCSK9 rispetto al placebo nel ridurre gli esiti cardiovascolari in partecipanti con malattia cardiovascolare aterosclerotica stabile e livelli di colesterolo LDL pari o superiori a 70 mg/dL (1,8 mmol/L) che ricevevano una terapia con statine.
Un punteggio per il rischio genetico di sviluppare il diabete
Il rischio genetico è stato caratterizzato utilizzando un PGS per T2D precedentemente validato e basato su circa 1,2 milioni di polimorfismi a singolo nucleotide. I valori relativi al PGS sono poi stati categorizzati come elevati (20% superiore del PGS) e bassi-intermedi (80% inferiore del PGS). Come parametro di outcome, è stato considerato l’emoglobina glicata (HbA1c), misurata al basale e successivamente ogni 24 settimane. Il FPG è stato invece misurato al basale, alla settimana 12, alla settimana 24 e successivamente ogni 24 settimane.
L’analisi finale ha riguardato 9.388 partecipanti, con età media di 63 anni, per il 22,7% di sesso femminile. l’HbA1c mediana di 39 mmol/mol (36 mmol/mol – 41 mmol/mol; 5,7% [5,4%-5,9%]) e indice di massa corporea (BMI) medio di 28,7 ± 5 kg/m2.
Il diabete si è sviluppato in 690 soggetti (7,3%) durante 2,3 anni di follow-up mediano. Il T2D PGS ha predetto il T2D incidente (HR per 1-SD: 1,22; IC al 95%: 1,14-1,32, p< 0,001). I tassi di T2D incidente nelle categorie di rischio genetico alto e basso-intermedio erano rispettivamente 12,1% e 6,8% (HR 1,43; IC al 95%: 1,20-1,70, p< 0,001). In particolare, il rischio genetico di T2D elevato aveva una maggiore forza predittiva tra i soggetti con HbA1c più bassa (p-int = 0,0499) e BMI più basso (p-int = 0,004).
In conclusione, il punteggio poligenico del T2D funge da predittore indipendente di diabete incidente, in particolare tra gli individui con una distribuzione inferiore dei fattori di rischio tradizionali.