Aritmie, con la telemedicina mortalità dimezzata
L’importanza del monitoraggio sottolineata al congresso AIAC
Il monitoraggio a distanza dei parametri clinici è in grado di rivoluzionare la gestione delle aritmie cardiache: è quanto emerso dal Congresso nazionale dell’Associazione italiana di Aritmologia e Cardiostimolazione (AIAC) tenutosi recentemente a Bologna. La telemedicina infatti è in grado di ridurre del 50% circa la mortalità e le visite in ospedale, del 39% le ospedalizzazioni e del 60% i costi sanitari, e si propone quindi come una misura efficace per soddisfare la domanda di salute cardiovascolare in un contesto, come quello italiano, in cui è in corso un progressivo invecchiamento della popolazione.
Con un numero sempre più alto di persone da assistere è importante utilizzare al meglio risorse tecnologiche come la telemedicina ed è giusto battersi perché le prestazioni in questo settore possano essere rimborsate.
“I benefici del monitoraggio remoto non sono solo sanitari, ma anche psicologici per il paziente e i suoi familiari, che dimostrano da sempre un alto grado di accettazione e soddisfazione; inoltre, rappresentano la vera continuità assistenziale, in uno stretto binomio tra ospedale e territorio, secondo quanto raccomandato anche dalle linee guida internazionali”, ha sottolineato Renato Pietro Ricci, presidente dell’AIAC.
“In Italia – continua Ricci -, il 50% circa dei defibrillatori e il 20% dei pacemaker sono in telemonitoraggio, nonostante a oggi la prestazione non sia ancora stata codificata dal Sistema sanitario nazionale e non venga rimborsata alle strutture che la utilizzano”.
Arresto cardiaco improvviso: come prevenirlo?
Sotto la lente di questo congresso, anche il tema dell’arresto cardiaco improvviso, responsabile dei 40.000 decessi all’anno che rendono conto del 40% delle morti cardiovascolari e il 10% di tutti i decessi.
“La fibrillazione atriale è una delle aritmie più frequenti nella popolazione anziana poiché è strettamente correlata all’invecchiamento della persona e quindi del suo cuore: il 12% degli ultraottantenni, infatti, soffre di questa patologia, che aumenta di cinque volte il rischio di ictus cerebrale”, ha concluso Massimo Zoni Berisso, vicepresidente dell’AIAC. “Programmi di ricerca sistematica della fibrillazione atriale silente (un killer silenzioso), permettono di avviare una terapia anticoagulante precoce nei soggetti a rischio e prevenire l’ictus. Per quanto riguarda la prevenzione della morte improvvisa, una valutazione del profilo di rischio nei soggetti che hanno superato un infarto o affetti da scompenso permette d’identificare coloro che beneficeranno dell’impianto di un defibrillatore a scopo preventivo”.