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Artrite reumatoide

Artrite Reumatoide, con la diagnosi precoce è possibile la remissione clinica

“Grazie alla diagnosi precoce e alla tempestiva strategia terapeutica entro un anno dalla comparsa dei primi sintomi, la remissione clinica della patologia è un traguardo possibile per il 50-60% dei pazienti”. Così Luigi Sinigaglia, Past President della Società Italiana di Reumatologia (SIR) sintetizza le potenzialità di cura oggi disponibili per l’artrite reumatoide.

“Si tratta di una patologia – precisa Sinigaglia – che può essere curata e tenuta sotto controllo, e ora persino fermata prima che porti alla progressiva perdita di funzioni fondamentali che comportano, negli anni, l’invalidità dei pazienti. Noi specialisti reumatologi abbiamo a disposizione cure efficaci, messe a punto negli ultimi 15-20 anni, che possono consentire, in un’elevata percentuale di casi, la remissione completa dell’artrite reumatoide, che significa permettere al paziente di fare una vita normale. Il problema resta, però, la diagnosi precoce. Nel nostro Paese i tempi per una diagnosi di AR possono essere anche uno o due anni dopo la comparsa dei primi sintomi.”

“Oggi – aggiunge Sinigaglia – riusciamo a raggiungere la remissione nel 50-60% dei pazienti se la malattia viene diagnosticata tempestivamente, ovvero entro un anno dalla comparsa dei primi sintomi. Sfruttando la cosiddetta “finestra di opportunità”, quella fase cioè che intercorre tra l’esordio della patologia e l’instaurarsi di danni irreversibili, in cui è fondamentale esordire con il corretto trattamento farmacologico per garantire maggiori possibilità di remissione e migliori risultati clinici. Nei pazienti che non vengono trattati entro 2 anni dai primi sintomi i tassi di remissione si riducono, invece, tra il 10% e il 33%. Oltre all’inizio precoce del trattamento, è necessario uno stretto monitoraggio del paziente, con frequenti visite specialistiche, al fine di “misurare” il grado della risposta alla terapia. Attualmente, a fronte dell’ondata che ha investito gli ospedali legata all’emergenza Sars COVID-19, molti pazienti hanno visto rinviare esami di controllo e visite con gli specialisti . L’artrite reumatoide, però, non si ferma a causa del Coronavirus e ci sono prestazioni e terapie che non possono essere considerate differibili, con l’inevitabile effetto di un peggioramento del quadro clinico che, oltre a compromettere la possibilità di regressione, provoca anche un incremento dei costi sanitari e sociali”.

Per sensibilizzare i pazienti sull’importanza della remissione dell’artrite reumatoide, migliorando la qualità di vita di chi ne è affetto, è nata la campagna “Parla più forte della tua AR” promossa da AbbVie, con il patrocinio di ANMAR (Associazione Nazionale Malati Reumatici Onlus). L’iniziativa ha l’obiettivo di promuovere la collaborazione e il dialogo proattivo tra il paziente e lo specialista reumatologo.

“L’artrite reumatoide, se non opportunamente trattata, può diventare una malattia che impatta negativamente sulla vita dei pazienti, oltre che fortemente invalidante – precisa Silvia Tonolo, Presidente ANMAR –. Per le ripercussioni sulla sfera personale e di relazione, un paziente su due ritiene addirittura di sentirsi escluso dalla società. C’è quindi un gran bisogno di un corretto percorso diagnostico terapeutico per questi pazienti che si basi su diagnosi precoce e tempestiva, presa in carico e appropriatezza terapeutica, tre asset fondamentali per garantire la remissione dalla malattia che dev’essere un obiettivo, non una speranza. “

Alessandro Visca
Alessandro Visca

Giornalista specializzato in editoria medico­­­­-scientifica, editor, formatore.