Covid-19, bassa incidenza tra i pazienti in trattamento antitumorale
Tra i pazienti assistiti da 118 Strutture di Oncologia Medica su tutto il territorio nazionale il tasso di infezione da SARS-CoV-2 è stato al di sotto dell’1%, anche nelle aree geografiche più coinvolte dalla pandemia durante la prima fase.
Sono i primi risultati di una ricerca condotta da CIPOMO (Collegio Italiano dei Primari Oncologi Medici Ospedalieri) per indagare l’impatto del Covid-19 sui pazienti sottoposti a trattamenti antitumorali, pubblicati su Jama Oncology .
La ricerca ha incluso 59.989 pazienti che avevano ricevuto un trattamento antitumorale tra gennaio e aprile (la prima fase della pandemia in Italia). Di questi solo 406 hanno sviluppato un’infezione da SARS-CoV-2. L’età media dei pazienti infetti è stata di 68 (28-89) anni. La maggior parte erano sintomatici (n = 339, 83%) e ben 314 (77%) di loro hanno avuto necessità di ricovero in ospedale. La diagnosi più comune tra le persone affette da SARS-CoV-2 era di tumore polmonare (n = 91, 22%) e la chemioterapia il trattamento antitumorale più adottato (n = 252, 62%).
Carlo Aschele, Coordinatore dello studio e primo autore della pubblicazione, spiega che è attualmente in corso di valutazione proprio l’impatto dei diversi tipi di tumore e delle diverse categorie di trattamento sull’incidenza di infezione da SARS-CoV2 per valutare se specifici tipi di tumore o di trattamento antineoplastico si associano a un maggior rischio di infezione. È inoltre in fase di analisi anche l’impatto del tipo di tumore, dello stadio di malattia e del tipo di trattamento sul decorso e sull’esito dell’infezione tra i pazienti colpiti.
“Per noi oncologi – spiegano Aschele e Livio Blasi, Presidente CIPOMO e co-autore dello studio – e per i nostri pazienti, la bassa probabilità di infezione da SARS-CoV-2 che abbiamo osservato tra i soggetti trattati presso i Day Hospital Oncologici in Italia (<1%), supporta l’importanza di continuare la maggior parte dei trattamenti oncologici in quanto i benefici ottenibili sopravanzano il rischio di infezione, suggerendo di non posticipare routinariamente i trattamenti antitumorali anche durante le attuali fasi di persistente circolazione del virus”.