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colon microbiota

Microbiota, una firma di dieci specie microbiche per il tumore del colon

Valerio Pazienza e Elena Binda IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza

Una nuova ricerca ha identificato dieci specie batteriche che caratterizzano il microbiota intestinale di pazienti con tumore del colon retto con una particolare mutazione genetica. Lo scoperta è stata fatta dal team di ricercatori dell’Unità Cancer Stem Cells dell’IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza e apre la strada per nuove prospettive diagnostiche e terapeutiche.

Il carcinoma al colon-retto è la terza tipologia di tumore più diffusa ed è una delle principali cause di morte per cancro. In circa il 10% dei pazienti con carcinoma del colon-retto e nei pazienti metastatici sono associate le mutazioni del gene BRAF. Tali mutazioni danno luogo a forme tumorali con prognosi più infausta, che meno rispondono alle terapie.

Lo studio sul microbiota e il tumore del colon-retto

Nello studio pubblicato sul Journal of Experimental & Clinical Cancer Research il team di ricercatori, coordinati da Elena Binda, ha prima analizzato il microbiota intestinale su un modello murino a cui sono state iniettate le cellule che provocano la mutazione BRAF. In seguito il profilo del microbiota intestinale identificato nel modello sperimentale è stato ricercato nei pazienti affetti da tumore del colon-retto con la collaborazione di Valerio Pazienza, ricercatore dell’Unità di Gastroenterologia dell’IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza e coautore dello studio.

«Abbiamo osservato – spiega Binda – che la mutazione del gene BRAF V600E orchestra uno specifico profilo di microorganismi “cattivi” che ben si associa al profilo aggressivo e letale tipico di questa neoplasia. In particolare, abbiamo messo a confronto i campioni dei portatori del gene BRAF mutato, con quelli di un secondo gruppo in cui la mutazione V600E è assente. Confrontando le frequenze dei batteri osservate nei due gruppi, abbiamo scoperto che alcune specie sono molto più frequentemente presenti nel gruppo portatore gene BRAF mutato, rispetto al gruppo in cui la mutazione V600E è assente».

Una firma di 10 specie microbiche

L’analisi, dunque, ha portato a distinguere una “firma” di 10 specie microbiche, che, in futuro, potrebbe essere utilizzabile per discriminare la presenza del gene BRAF mutato, aprendo la strada a programmi di screening per la diagnosi non invasiva e precoce del tumore al colon-retto portatore di mutazione del gene BRAF e l’implementazione di nuove terapie sempre più personalizzate ed efficaci, nonché meno tossiche, anche in combinazione con i regimi terapeutici standard.

“Grazie alle nuove tecnologie di sequenziamento genetico di seconda generazione» conclude Pazienza, «ci è possibile sfruttare il potenziale diagnostico, prognostico e terapeutico dei trilioni di microrganismi che convivono con il corpo umano e che costituiscono il cosiddetto microbiota, a tutt’oggi ancora poco esplorato.”

Alessandro Visca
Alessandro Visca

Giornalista specializzato in editoria medico­­­­-scientifica, editor, formatore.