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pesce scatola

Il pesce in scatola nella dieta sana anti-tumore

I risultati di uno studio pubblicato dall’Istituto di ricerche farmacologiche “Mario Negri” IRCCS di Milano sulla rivista Nutrients mostrano che il consumo abituale di pesce in scatola è associato a un minor rischio di sviluppare un tumore del colon-retto. L’analisi di due studi caso-controllo ha rivelato che chi consumava due volte a settimana due porzioni di 80 g di pesce in scatola aveva un rischio di tumore al colon-retto inferiore di circa il 34% rispetto a chi non aveva questo alimento nella sua dieta abituale.

Il razionale dello studio

Il pesce, in generale, è tra gli alimenti indicati in una dieta sana, con un accertato effetto preventivo sia sulle patologie cardiovascolare che sui tumori. Questa nuova ricerca è stata progettata per verificare il possibile ruolo del pesce in scatola, (tonno, sgombro, sardine, alici conservati in olio d’oliva) su una delle malattie oncologiche a maggiore diffusione, il tumore del colon-retto.

Gli autori dello studio ricordano che: “il pesce è la principale fonte alimentare di acidi grassi polinsaturi omega-3 a catena lunga (PUFA), che hanno proprietà antinfiammatorie e, di conseguenza, esercitano effetti anticancerogeni.” Tuttavia, gli studi hanno fornito “prove contrastanti di un’associazione tra l’assunzione di grassi polinsaturi omega-3 e il rischio di diversi tumori, innescando un dibattito sull’argomento.” Gli autori aggiungono che:

Il pesce in scatola è ricco di proteine e molti altri nutrienti essenziali, come gli acidi grassi omega-3.”

Una ricerca basata su studi caso-controllo su un’ampia popolazione

Allo scopo di studiare la relazione tra il consumo di pesce in scatola e il rischio di Ca del colon-retto i ricercatori hanno analizzato i dati di due studi caso-controllo condotti tra il 1992 e il 2010 in diverse aree italiane con il sostegno di Fondazione AIRC. In totale l’analisi ha coinvolto 2.419 pazienti con diagnosi tumore del colon-retto e 4.723 controlli senza tumore.

Con una serie di questionari sono state verificate le abitudini alimentari dei partecipanti, che, per quanto riguarda il consumo di pesce in scatola, sono stati divisi in tre in gruppi in base alla frequenza settimanale di consumo:

  • <1 porzione a settimana (categoria di riferimento)
  • 1 < 2 porzioni a settimana
  • ≥ 2 porzioni a settimana

È risultato che nei soggetti con tumore il consumo di pesce in scatola era inferiore rispetto ai controlli (23,8% vs 28,6%). Il calcolo delle probabilità dei diversi gruppi di consumatori di pesce di sviluppare un tumore (odds ratio OR) aggiustato per diversi fattori di confondimento ha mostrato un’associazione inversa tra consumo di pesce in scatola e rischio di Ca del colon-retto: per il consumo intermedio OR = 0,81 (IC 95%: 0,71–0,92), per quello più alto OR = 0,66 (IC 95%: 0,51–0,85).

Le implicazioni di salute pubblica

Lo studio è stato condotto nell’ambito delle attività dell’Italian Institute for Planetary Health (IIPH), in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano. Carlotta Franchi, ricercatrice del Dipartimento di politiche per la salute dell’Istituto Mario Negri e coordinatrice scientifica di IIPH, ha dichiarato a Quotidiano Sanità:

I risultati emersi dallo studio sono un ulteriore passo avanti per sostenere che il consumo di pesce in scatola sott’olio può essere incluso all’interno di una dieta sana ed equilibrata, essendo minimamente processato, perché cotto a vapore, pulito, messo sott’olio e inscatolato senza conservanti. Le implicazioni per la salute pubblica possono essere molto rilevanti. Parliamo infatti di un tumore che presenta elevata incidenza e alta mortalità, sia nei Paesi ad alto reddito che in quelli a basso e medio reddito, e di un alimento sempre più consumato, grazie alla sua praticità e la sua accessibilità economica”.

Alessandro Visca
Alessandro Visca

Giornalista specializzato in editoria medico­­­­-scientifica, editor, formatore.