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Obesità in Italia, differenze di genere e di condizione sociale

Sei milioni di soggetti affetti, pari al 12% della popolazione adulta, con lievi differenze di prevalenza tra uomini (12,9%) e donne (11,1%). Sono questi i numeri dell’obesità in Italia, secondo la nuova edizione dell’Italian Barometer Obesity Report, redatto da IBDO Foundation in collaborazione con Istat, Coresearch e Bhave e con il contributo non condizionato di Novo Nordisk nell’ambito del progetto Driving Change in Obesity.

Sono cifre che destano una certa preoccupazione, soprattutto se considerate insieme alle statistiche del sovrappeso, che parlano di 25 milioni di adulti in questa condizione, pari al 46% della popolazione, più 2,2 milioni di bambini e adolescenti, pari al 26,3% in quella fascia di età, con una più evidente differenza di genere: 23,2% tra le femmine e 29,2% tra i maschi. La preoccupazione aumenta poi se si considerano le patologie correlate all’obesità.

Obesità causa di diabete, cardiopatie, tumori

Si stima che questa malattia causi il 58 per cento dei casi di diabete tipo 2, il 21 per cento dei casi di cardiopatia ischemica e fino al 42 per cento di alcuni tumori, con circa 57mila morti annuali solo nel nostro Paese”

ha spiegato Paolo Sbraccia, professore ordinario di Medicina interna dell’Università di Roma “Tor Vergata” e vicepresidente IBDO Foundation, che ha poi aggiunto:

l’obesità è una sfida irrisolta di salute pubblica, che colpisce e condiziona la vita di troppe persone, i problemi di salute correlati si riflettono quotidianamente sulla qualità di vita, sui casi di assenteismo dal lavoro, sulla produttività, impattando sui bilanci economici delle famiglie e della spesa pubblica e sanitaria”.

Obesità dei bambini spesso non percepita dai genitori

Se poi si analizzano i dati disaggregati, emergono ulteriori dati sulle disuguaglianze a livello territoriale, soprattutto tra i minori. L’eccesso di peso infatti riguarda il 31,9% dei bambini e degli adolescenti al Sud, il 26,1% nelle Isole, il 22% al Centro, il 22,1% nel Nord-Est e il 18,9% nel Nord-Ovest.

A questi dati fa da contraltare la grande difficoltà della popolazione nel percepire la propria condizione o quella dei propri familiari: si stima infatti che l’11,1% degli adulti obesi e il 54,6% di quelli in sovrappeso si ritenga normopeso, mentre il 40,3% dei genitori di bambini in sovrappeso li giudica sotto- o normopeso. Tale dispercezione dovrebbe essere tenuta in debito conto, soprattutto perché pensare che il problema del sovrappeso si possa risolvere spontaneamente con la crescita espone al rischio di complicanze – diabete di tipo 2, disturbi cardiaci, problemi scheletrici e articolari, nonché alcuni tipi di neoplasie – già in giovane età.

A pesare sulla condizione di questa popolazione italiana, tra gli adulti così come tra i giovani, sono diversi fattori, tra cui ovviamente sono preponderanti l’alimentazione e l’attività fisica.

Poca attività fisica ed errate abitudini alimentari

A oggi, il 33,7% della popolazione italiana adulta, cioè quasi 20 milioni di persone, non pratica né sport né attività fisica, con importanti differenze di genere: il 36,9% delle donne contro il 30,3 per cento degli uomini.”

ha precisato Roberta Crialesi, dirigente del Servizio Sistema integrato salute, assistenza, previdenza e giustizia dell’Istat, che aggiunge:

tra i bambini poco attivi, il 59,1% delle madri ritiene che il proprio figlio svolga sufficiente attività fisica; lo stesso accade per quanto riguarda l’alimentazione dove solo il 18% della popolazione adulta dichiara di consumare quattro o più porzioni di frutta e/o verdura al giorno, e tra le madri di bambini in sovrappeso o obesi, il 69,9% pensa che la quantità di cibo assunta dal proprio figlio non sia eccessiva”.

Urgente intervenire nelle zone a maggior rischio

Ma come intervenire? Gli studi sul tema indicano alcune soluzioni possibili.

La prevenzione e gli interventi mirati su alimentazione e sport sono importanti nella più ampia lotta all’obesità, ma oltre a questo si ha la necessità di un approccio olistico multidisciplinare per garantire un sostegno completo efficace”

ha chiarito Antonio Nicolucci, direttore di Coresearch, che aggiunge:

È importante combattere lo stigma sociale per far sì che sia considerata da parte dei governi, dei sistemi sanitari e delle stesse persone con obesità, come già fatto dalla comunità scientifica, una malattia cronica che richiede una gestione di lungo termine, e non una responsabilità del singolo. Ciò, oltre a incidere sulle cure e sui trattamenti per l’obesità e per lo sviluppo di nuove direttive politiche, potrebbe anche contribuire a ridurre la disapprovazione sociale e gli episodi di discriminazione verso chi ne è affetto.”

Non può mancare in tutto questo un impegno da parte delle istituzioni.

È giunto il momento di mettere in atto soluzioni di politica sanitaria e di governance clinica che siano in grado di dare risposte concrete alle persone con obesità e soprattutto che coinvolgano e siano disponibili per l’intera popolazione, partendo dalla inclusione dell’obesità nel Piano Nazionale delle Malattie Croniche (PNC), a cui stiamo lavorando nella Cabina di Regia del PNC presso il Ministero della Salute, al fine di aumentare il supporto ed anche per diminuire le disuguaglianze di accesso alle cure sul territorio”

ha concluso Andrea Lenzi, coordinatore per l’Italia dell’Obesity Policy Engagement Network (OPEN), che aggiunge:

dal report presentato oggi si evince come sia presente una drammatica correlazione tra le aree più svantaggiate e periferiche della città e una maggiore prevalenza di obesità e come questo valore sia notevolmente aumentato negli ultimi 20 anni, durante i quali nelle aree metropolitane il valore è aumentato dal 6,8% al 8,8 per cento, mentre nelle aree periferiche la percentuale è passata dal 8,2 per cento al 12,1 per cento. Per questo anche il nuovo modello di welfare urbano che dobbiamo promuovere deve tenere conto di questi dati e agire nelle zone più a rischio rendendo il contesto urbano adatto alla conduzione di stili di vita sani, e della prevenzione secondaria, rafforzando la rete di servizi sociosanitari a disposizione di tutti.”

Folco Claudi
Folco Claudi

Giornalista medico scientifico