Skip to content
Gluten free

Celiachia e metabolismo osseo: gli effetti della dieta gluten free

Nelle persone con celiachia sono di frequente riscontro alterazioni del metabolismo osseo e minerale, causate soprattutto dal malassorbimento di calcio e vitamina D, in seguito all’alterata funzionalità della mucosa gastrica che caratterizza questa malattia.

Un gruppo di ricercatori italiani (Michele di Stefano e colleghi dell’IRCCS Policlinico “S. Matteo” di Pavia) ha da poco pubblicato sulla rivista Metabolites una review degli studi disponibili sulle alterazioni del metabolismo osseo e minerale nei pazienti celiaci, con un focus sugli effetti della dieta senza glutine sul metabolismo della vitamina D.

Da questo lavoro emergono indicazioni utili sulla prevenzione dell’osteoporosi nei soggetti celiaci, con particolare riferimento alla valutazione del deficit di vitamina D e dell’integrazione.

Celiachia e alterazioni della densità minerale ossea

Gli autori ricordano che riduzioni della densità minerale ossea (BMD) si riscontrano soprattutto nei soggetti in cui la malattia celiaca è stata diagnosticata in età adulta e che quindi non seguono una dieta senza glutine fin dall’infanzia.

In questi casi una particolare attenzione va posta alla prevenzione dell’osteoporosi, che può anche aumentare il rischio di fratture, soprattutto nelle donne dopo la menopausa. Come fanno notare gli autori:

le linee guida per la gestione dell’osteoporosi nei pazienti con celiachia mancano di suggerimenti specifici sugli approcci all’alterazione del metabolismo osseo.”

Come valutare il deficit di vitamina D nei pazienti celiaci non trattati

Il deficit di vitamina di D può essere un’indicazione di celiachia anche in assenza di sintomi gastrointestinali e questa condizione è oggetto di ricerca anche per il possibile ruolo nell’insorgenza della celiachia. Tuttavia, non esistono indicazioni specifiche relative allo stato ottimale della vitamina D e alle integrazioni specificamente correlate alla celiachia.

Per quanto riguarda la valutazione della vitamina D nei soggetti celiaci, gli autori di questo nuovo studio sottolineano l’importante distinzione che va fatta fra 25 idrossi-vitamina D (25-OH), che è la forma inattiva e la forma attiva (1,25-OH2).

Nei soggetti celiaci non trattati, l’iperparatiroidismo secondario è responsabile di una iperconversione della forma inattiva in quella attiva della vitamina D e quindi, spiegano gli autori: “nei pazienti celiaci non trattati, bassi livelli di 25idrossi- vitamina D non devono necessariamente essere interpretati come espressione di carenza vitaminica (…) Di conseguenza, l”integrazione di vitamina D nei pazienti con malattia celiaca alla diagnosi potrebbe non solo risultare una misura terapeutica inutile, ma anche un trattamento pericoloso, poiché livelli sierici eccessivamente elevati di 1,25 diidrossi-vitamina D sono caratterizzati da un effetto pro-riassorbimento, con incremento della perdita di osso

In definitiva, l’indicazione della supplementazione di vitamina D nei pazienti adulti affetti da celiachia dovrebbe derivare dalla valutazione dei livelli circolanti di entrambi i metaboliti della vitamina D, unitamente alla misurazione dei livelli di paratormone (PTH).

Inoltre, prima di ricorrere all’integrazione, considerando che l’inizio di una dieta senza glutine ha un rapido effetto sui livelli del metabolita della vitamina D gli autori ritengono giustificato “un approccio conservativo, con una rivalutazione dei livelli sierici di 25 idrossi-vitamina D, 1,25 diidrossi -vitamina D e PTH dopo 3 mesi di dieta senza glutine, per verificare l’effetto positivo della dieta.”

Un altro approccio potrebbe valutare gli effetti dell’integrazione di calcio sul metabolismo della vitamina D anche se, spiegano gli autori, l’atrofia dei villi può ostacolare l’efficacia di questa misura.

L’approccio al deficit di vitamina D nei pazienti celiaci trattati

Nei pazienti con celiachia trattata, la necessità di un’integrazione di vitamina D sembra meno urgente, specialmente in quei pazienti che mostrano una progressiva normalizzazione dei biomarcatori del bilancio del calcio dopo l’inizio della dieta senza glutine.

I ricercatori ricordano che in recenti studi è stato rilevato un basso apporto di vitamina D in soggetti celiaci, ma anche nei soggetti di controllo senza malattia celiaca. Questi risultati, secondo gli autori, rafforzano la necessità della misurazione dei livelli circolanti di vitamina D, sia per selezionare i pazienti con carenza di vitamina D sia per indirizzarli a una valutazione dell’apporto nutrizionale.

Altri fattori da considerare sono l’età dei pazienti (in particolare per le donne vicine alla menopausa) e la presenza di altre malattie autoimmuni considerate ad alto rischio di osteoporosi.

Considerazioni conclusive

Nelle conclusioni di questa nuova ricerca gli autori gli autori scrivono, tra l’altro:

una dieta priva di glutine consente una normalizzazione del metabolismo osseo e minerale, ripristinando le anomalie e sollevando alcuni dubbi sulla necessità di un’integrazione vitaminica in tutti i pazienti. I dati disponibili non supportano questa ampia indicazione e dovrebbe essere eseguita una valutazione completa del metabolismo osseo e minerale per selezionare i pazienti che necessitano di questo approccio terapeutico.”

In collaborazione con Dr. Schär

Alessandro Visca
Alessandro Visca

Giornalista specializzato in editoria medico­­­­-scientifica, editor, formatore.