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Dieta MICI

Malattie dell’apparato digerente e dieta, i consigli dei gastroenterologi

Dottore cosa posso mangiare? È una domanda che frequentemente si sentono rivolgere i gastroenterologi, soprattutto da parte dei pazienti con patologie dell’apparato digerente, come le MICI, malattie infiammatorie croniche intestinali, il fegato grasso e la steatoepatite non alcolica.
Le indicazioni del medico sono rilevanti, sia per evitare comportamenti scorretti che possono portare a carenze nutrizionali nei pazienti, sia per il ruolo importante della dieta nella cura e gestione della malattia.

Il tema è stato affrontato nel corso del 29° Congresso nazionale delle malattie digestive, che si è concluso a Roma il 1 aprile, organizzato da FISMAD, la Federazione delle Società scientifiche del settore. Maria Cappello, consigliere nazionale dell’AIGO, Associazione italiana gastroenterologi ed endoscopisti digestivi ospedalieri, spiega:

negli ultimi anni la ricerca di base e clinica si è focalizzata su alcuni aspetti del complesso rapporto tra dieta e malattie dell’apparato digerente e gli studi disponibili ci forniscono alcuni elementi chiave per fornire consigli dietetici basati sulle evidenze, che possano affiancarsi o sostituire le terapie farmacologiche.”

I consigli dietetici per i pazienti con malattie infiammatorie croniche intestinali

I pazienti con MICI (malattia di Crohn e rettocolite ulcerosa)  – spiega un comunicato dell’Aigo – se non ricevono indicazioni da parte del medico tendono a evitare tutta una serie di alimenti che considerano dannosi come il latte, la frutta e la verdura, i cibi piccanti, i fritti.

Le restrizioni sono così esasperate che a volta sono causa di gravi deficit nutrizionali e hanno un impatto negativo sulla qualità della vita, sulla socialità e sul benessere psicologico. In realtà – precisano i gastroenterologi – è scientificamente riconosciuta nelle MICI solo l’intolleranza al lattosio: l’infiammazione della parete intestinale determina la perdita dell’enzima “lattasi” fondamentale per la digestione del lattosio che, rimanendo ingerito nell’intestino, richiama acqua peggiorando la diarrea o viene fermentato dai batteri, determinando gonfiore. L’intolleranza al lattosio nelle MICI è spesso transitoria e si verifica nelle fasi acute. Alcuni pazienti manifestano una intolleranza al glutine. Le fibre specie insolubili possono anch’esse peggiorare i sintomi. In sintesi, i gastroenterologi dell’Aigo consigliano:

Nelle fasi acute (cioè in presenza di sintomi):

  • eliminare i latticini freschi, consentendo il consumo di formaggi stagionati e di latte senza lattosio
  • eliminare i cibi piccanti che stimolano i movimenti intestinali
  • anche il caffè può stimolare la motilità ed è da ridurre
  • ridurre frutta e verdura, consentendo centrifugati, passati, puree e vellutate
  • evitare alimenti integrali, favorire uso di cereali più digeribili e senza glutine.

Nelle fasi di remissione della malattia

  • la dieta deve contenere tutte le componenti incluse le fibre, privilegiando quelle solubili
  • da limitare l’uso di carni rosse e di alimenti processati
  • consigliata l’assunzione di carni bianche, di pesce e di carboidrati complessi.

Un apporto calorico adatto e una regolare attività fisica completano uno stile di vita adeguato.

I consigli dietetici per i pazienti con fegato grasso e steatoepatite non alcolica

Poiché nessun farmaco è stato ancora approvato per il trattamento della NASH – spiegano i gastroenterologi dell’Aigo – gli interventi dietetici e l’esercizio fisico sono generalmente considerati i capisaldi del trattamento di queste patologie. Diverse associazioni scientifiche evidenziano l’importanza della perdita di peso mirando ad una riduzione del 7%‐10% del peso corporeo raggiunta con una dieta ipocalorica.

Le società scientifiche sono concordi sul beneficio della dieta mediterranea nei pazienti con queste patologie. Contenendo verdure, frutta, cereali integrali, noci e legumi, olio d’oliva e pesce, la dieta mediterranea è stata promossa per la perdita di peso e il miglioramento dei parametri metabolici; inoltre previene le malattie cardiovascolari.

Negli ultimi anni si stanno accumulando prove che supportano un effetto piuttosto dannoso dell’alcol e recenti linee guida raccomandano l’astinenza completa. È invece possibile consumare – afferma il comunicato dell’Aigo – fino a un massimo di 3 tazze di caffè al giorno. La caffeina sembra infatti potenziare l’espressione di sostanze antiossidanti come il glutatione, assicurando effetti benefici sul fegato.

Infine dall’Aigo arriva questa informazione:

Noci e semi contengono diversi composti bioattivi che sono stati considerati benefici per la salute umana, tra cui FA monoinsaturi e FA polinsaturi, proteine vegetali, fibre, minerali, vitamine, tocoferoli, fitosteroli e polifenoli: un recente studio ha riportato una prevalenza significativamente più bassa di fegato grasso, nei pazienti che consumavano frutta a guscio, almeno 4 volte a settimana.

Alessandro Visca
Alessandro Visca

Giornalista specializzato in editoria medico­­­­-scientifica, editor, formatore.