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Cardiologia, l’approccio di genere alla stenosi aortica

All’ultimo Congresso della Società Europea di Cardiologia (ESC 2024) sono stati presentati i dati dello studio RHEIA, che ha coinvolto 443 donne affette da stenosi aortica in 48 Centri di 12 Paesi europei, tra cui l’Italia.

La particolarità di questo trial è che ha arruolato un campione di sole pazienti donne, per valutare la strategia interventistica più vantaggiosa per il trattamento della stenosi aortica, la patologia valvolare cardiaca più frequente in Italia dopo i 60 anni.

La stenosi interessa un numero crescente di donne, in ragione del progressivo aumento dell’aspettativa di vita. Tuttavia, le donne arrivano più tardi alla diagnosi e ai trattamenti, in parte anche per le caratteristiche anatomiche della valvola e per la presenza di camere ventricolari di piccole dimensioni.

Le procedure a confronto

Lo studio ha messo a confronto la procedura mininvasiva di impianto valvolare aortico transcatetere, anche nota con l’acronimo TAVI (Transcatheter Aortic Valve Implantation) con la a chirurgia tradizionale ‘a cuore aperto’ (SAVR – Surgical aortic valve replacement) e ha dimostrato che le pazienti sottoposte a TAVI hanno avuto esiti significativamente migliori.

il ricorso alla TAVI in alternativa alla chirurgia tradizionale consente di ridurre di circa il 50% il rischio relativo di eventi sfavorevoli per la donna quali infarto, decesso o re-ospedalizzazione a un anno dall’intervento (8.9% TAVI vs 15.6% SAVR). Inoltre, la TAVI si associa a una minore durata della degenza ospedaliera e a un minor impatto sulla qualità di vita della donna, rappresentando l’intervento più efficace ed economicamente vantaggioso nelle donne over-70.

Cristina Aurigemma, del dipartimento di Scienze cardiovascolari-CUORE del Policlinico Universitario “Agostino Gemelli” IRCCS, ha commentato:

lo studio RHEIA ha evidenziato le grandi potenzialità della TAVI nel raggiungimento di migliori outcome clinici e nella riduzione della spesa sanitaria per il trattamento della stenosi aortica in termini di ricoveri e ri-ospedalizzazioni.”

“Si è riusciti finalmente – ha aggiunto Aurigemma – a focalizzare l’attenzione sul fatto che la terapia ‘cucita’ sulle specifiche esigenze del paziente rappresenta il futuro della medicina, e che il genere è una variabile fondamentale e non più trascurabile, soprattutto in ambito cardiovascolare, anche alla luce dell’impatto delle malattie cardiovascolari che rappresentano la prima causa di decesso in Europa”.

La medicina di genere in Cardiologia

Di questo studio si è parlato nel corso di una conferenza stampa sulla medicina di genere in Cardiologia, organizzata al Senato della Repubblica su iniziativa della Senatrice Elena Murelli, presidente dell’Intergruppo parlamentare per le malattie cardio, cerebro e vascolari.

Il tema della minore considerazione delle patologie cardiache nelle donne rispetto agli uomini è presente anche per la stenosi aortica. Cristina Meneghin, direttore della Comunicazione Scientifica-Fondazione Italiana per il Cuore, sottolinea:

in media le donne arrivano a una diagnosi più tardi rispetto agli uomini, e anche una volta ottenuta, vengono sotto-trattate nonostante la presenza di sintomi più severi”

“Queste criticità – ha aggiunto Meneghin – sono dovute a una sottorappresentazione di genere negli studi clinici che vengono disegnati senza tener conto dei fattori di rischio cardiovascolare sesso-specifici, ma anche ad una bassa percezione del rischio da parte delle donne stesse che lo sottostimano ampiamente. La grande rilevanza dello studio RHEIA è legata al fatto che per la prima volta sono state coinvolte solo pazienti appartenenti alla fascia di popolazione più a rischio, ovvero donne in post menopausa”.

Domenico Gabrielli, presidente della Fondazione per il tuo Cuore-HCF Onlus , ha aggiunto:

stiamo assistendo ad un cambio di paradigma in favore di una ‘Cardiologia di genere’ che tenga conto delle differenze anatomiche e fisiopatologiche tra uomini e donne, che per troppo tempo non sono state adeguatamente considerate. Oggi abbiamo bisogno di studi specifici sul genere femminile a sostegno di una medicina sempre più personalizzata. Lo studio RHEIA ci dimostra quanto sia importante valutare il beneficio aggregato legato a specifici trattamenti e procedure che possono chiaramente determinare vantaggi clinico-sanitari, ma anche socio-economici”.

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alessandro visca
Alessandro Visca

Giornalista specializzato in editoria medico­­­­-scientifica, editor, formatore.

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