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Diabete, l’approccio basato sulla medicina di precisione

Un documento pubblicato alla fine dello scorso anno sulla rivista Nature Medicine pone all’attenzione della comunità scientifica l’importanza di adottare un approccio basato sulla medicina di precisione nei pazienti affetti da diabete, in tutte le sue forme. Il rapporto è frutto del lavoro di 200 esperti internazionali che hanno fatto un’analisi puntuale delle evidenze pubblicate in letteratura sul tema.

Il diabete colpisce centinaia di milioni di persone in tutto il mondo, molte delle quali svilupperanno complicazioni gravi che potrebbero portare a un decesso prematuro. Ma non si può pensare di affrontare questo enorme problema sanitario senza tener conto dell’eterogeneità nell’eziologia, nella presentazione clinica e nella patogenesi delle forme comuni di diabete e dei rischi di complicanze. È in quest’ottica che è stato recentemente redatto il secondo documento di consenso sulla Medicina di precisione nella prevenzione e cura del diabete.

Il rapporto è stato pubblicato su Nature Medicine ed è frutto del lavoro di 200 esperti di 28 nazioni che hanno analizzato i risultati di 15 revisioni sistematiche delle evidenze pubblicate e delle opinioni di esperti in aree prioritarie della medicina di precisione del diabete, condotte sotto l’egida del Precision Medicine in Diabetes Initiative.

Determinazione precoce del rischio e follow-up

La medicina di precisione è un’evoluzione della medicina attuale basata sull’evidenza che cerca di ridurre gli errori e ottimizzare i risultati quando si prendono decisioni cliniche e raccomandazioni sanitarie. Il documento porta all’attenzione le considerazioni emerse sui pilastri chiave della medicina di precisione (prevenzione, diagnosi, trattamento, prognosi) in quattro forme riconosciute di diabete (monogenico, gestazionale, tipo 1, tipo 2). È importante ricordare che in alcune forme della malattia come per esempio nel diabete monogenico, i vantaggi legati all’adozione della medicina di precisione nella pratica clinica sono già realtà, mentre in altre ci sono al momento risultati promettenti come per esempio la possibilità di applicazione di score poligenici per l’identificazione precoce dei pazienti a rischio di diabete tipo 1 o di complicanze cardiovascolari nel diabete tipo 2. Di seguito sono riassunti schematicamente i contenuti del documento.

I pilastri della medicina di precisione

Diabete Monogenico (MDM)

L’MDM deriva da una mutazione in un singolo gene. Può essere diagnosticato nel periodo neonatale (diabete neonatale) o tipicamente, ma non esclusivamente, prima dei 45 anni di età. Per quanto raro, l’MDM costituisce fino al 5% dei casi di diabete e presenta opportunità nell’ambito della medicina di precisione.

Diagnosi. I dati raccolti supportano l’esecuzione di test diagnostici di precisione nei seguenti casi:

  • diabete neonatale in tutti i neonati di età inferiore a 1 anno con diagnosi di diabete;
  • MDM in soggetti di età inferiore a 30 anni senza obesità che sono negativi agli autoanticorpi delle cellule dell’isolotto pancreatico con C-peptide rilevabile;
  • iperglicemia legata a mutazione del gene della glucochinasi (GCK) in donne con diabete gestazionale (GDM) senza sovrappeso o obesità e con glucosio a digiuno >5,5 mmol/l;
  • iperglicemia legata alla GCK in individui giovani senza obesità con iperglicemia a digiuno lieve e persistente, indipendentemente dalla storia familiare.

Trattamento. Il trattamento di precisione del MDM è potenzialmente ottimizzato dalla caratterizzazione del sottotipo genetico-molecolare e della fisiopatologia di un individuo. Dalla revisione è emerso che:

  • il diabete che si manifesta in età inferiore ai 6 mesi è un diabete neonatale monogenico, nella maggior parte dei casi. Le sulfoniluree si sono recentemente affermate come il trattamento più efficace per il diabete neonatale dovuto a una mutazione del canale del potassio. In alcuni studi, l’uso di sulfoniluree nel periodo neonatale ha migliorato gli esiti del diabete, consentendo la sospensione dell’insulina, ed è stato ben tollerato;
  • nelle fasi successive della vita, l’evidenza dell’efficacia di terapie non insuliniche è più consistente; le prove attuali sono però di bassa qualità per una guida clinica sull’uso della terapia non insulinica nel diabete legato al 6q24 o diabete neonatale correlato a SLC19A2 (anemia megalo-blastica sensibile alla tiamina).

Per quanto riguarda le terapie per il diabete da mutazione HNF1A, il diabete HNF4Ad e l’iperglicemia GCK-correlata:

  • le sulfoniluree sono efficaci specificamente nel diabete HNF1A per il controllo glicemico, più che nei soggetti con DT2;
  • per il diabete HNF1A e HNF4A, il passaggio dall’insulina o da altre terapie non insuliniche alle sulfoniluree può migliorare il controllo glicemico;
  • alcuni studi sperimentali suggeriscono che le glinidi e gli agonisti del recettore del peptide-1 glucagone-simile (GLP1-RA) possono rappresentare alternative alle sulfoniluree per il diabete HNF1A, così come gli inibitori della dipeptidil-peptidasi 4 (DPP-4i) come terapia aggiuntiva.

Diabete Gestazionale (GDM)

Il GDM è un’anomalia della tolleranza al glucosio con esordio o prima identificazione durante la gravidanza, con rischi sostanziali per la madre e la prole; la sua insorgenza è rapida e in genere si risolve dopo il parto.

Prevenzione. Gli interventi sullo stile di vita portano a una riduzione dell’incidenza di GDM rispetto alle cure di controllo: solo la dieta del 25%, solo l’esercizio fisico del 31% e la combinazione di dieta ed esercizio fisico del 18%. La metformina ha mostrato di poter ridurre il GDM del 34%, gli integratori di mioinositolo/inositolo del 61% (in prove di qualità molto bassa).

Diagnosi. Sono state esaminate le prove di marcatori di precisione al di là del livello glicemico (cioè informazioni sulla fisiopatologia, sull’ambiente e/o sul contesto di una persona), indagando i dati a sostegno dei sottotipi di GDM e dell’eterogeneità eziologica o patologica, nonché le associazioni con gli esiti perinatali avversi. Le conclusioni sono le seguenti:

  • le donne con GDM e sovrappeso/obesità hanno un rischio da due a tre volte superiore di macrosomia neonatale;
  • i trigliceridi materni elevati e l’insulino-resistenza sono generalmente associati a un maggior rischio di dimensioni aumentate rispetto all’età gestazionale e macrosomia neonatale.

Trattamento. I marcatori di precisione per il successo della gestione del GDM con misure di stile di vita senza la necessità di una terapia farmacologica aggiuntiva (insulina, metformina e/o glibenclamide) sono risultati essere:

  • età materna più giovane;
  • nulliparità;
  • BMI più basso;
  • nessuna storia precedente di GDM;
  • livelli più bassi di HbA1c, glucosio a digiuno e concentra-zioni di glucosio postchallenge (a 1, 2 e 3 ore);
  • nessuna storia familiare per diabete;
  • gestazione più tardiva della diagnosi di GDM;
  • nessuna macrosomia precedente.

Marcatori di precisione simili per il successo del trattamento con metformina e/o glibenclamide senza necessità di insulina supplementare sono stati riscontrati con l’aggiunta di un inizio più tardivo dell’assunzione dell’agente orale.

Occorre sottolineare come manchino i dati per identificare i marcatori di precisione delle risposte a un agente rispetto a un altro, e che gli studi hanno l’importante limitazione di essere stati condotti prevalentemente in contesti ad alto reddito e su piccoli campioni.

Diabete di tipo 1 (DT1)

Il DT1 deriva dalla distruzione indotta dall’autoimmunità delle cellule pancreatiche, e richiede il trattamento con insulina. Pur rappresentando il 2% di tutte le forme di diabete nel mondo, il DT1 ha un impatto sanitario elevato, per l’età precoce di insorgenza, l’alto costo dell’insulina e delle tecnologie correlate e l’elevato rischio di complicanze micro- e macrovascolari.

La malattia viene classificata in stadi diversi:

  • lo stadio 0 è caratterizzato dalla presenza di un solo auto-anticorpo nelle persone ad alto rischio genetico;
  • gli stadi 1 (diabete normoglicemico) e 2 (diabete disglicemico) sono caratterizzati dalla presenza di due o più autoanticorpi;
  • lo stadio 3 è caratterizzato dalla presenza di sintomi clinici.

L’eterogeneità eziologica è riconosciuta sia nei bambini sia negli adulti.

Prevenzione. Una questione chiave nel DT1 è se le caratteristiche individuali o i biomarcatori possano essere utilizzati per identificare i soggetti che hanno maggiori probabilità di rispondere alla terapia modificante la malattia prima dell’insorgenza clinica: la maggior parte delle valutazioni in questo campo sono state esplorative senza follow-up con analisi prospettiche prespecificate.

Diagnosi. Gli autoanticorpi anti-cellule delle isole sono predittori validati della progressione della malattia e sono stati incorporati nella pratica clinica. La revisione era diretta a determinare se gli autoanticorpi possano aiutare a stratificare i sottogruppi in quattro contesti:

  • progressione della malattia prima della diagnosi di stadio 3;
  • presentazione della malattia/diagnosi di stadio 3;
  • progressione della malattia dopo la diagnosi di stadio 3;
  • risposta agli interventi modificanti la malattia.

Nel complesso i dati analizzati suggeriscono che gli auto-anticorpi delle isole sono utili nel definire l’eterogeneità del DT1 prima della diagnosi dello stadio 3 e maggiori benefici si potrebbero ottenere inserendo l’età e le caratteristiche genetiche nello score del rischio. Servono studi mirati per poter applicare queste osservazioni allo sviluppo di una medicina di precisione rispetto alla diagnosi e al trattamento.

Trattamento. Il trattamento del DT1 in stadio 3 include: terapia insulinica, farmaci aggiuntivi, nutrizione, esercizio fisico, misure comportamentali, obiettivi glicemici, transi-zioni di cura. Negli ultimi dieci anni, i progressi principali per le persone affette da DT1 sono stati raggiunti in ambito tecnologico: monitoraggi continui della glicemia (CGM), strumenti di supporto decisionale, pompe per infusione sottocutanea continua di insulina, fino ai sistemi avanzati di loop chiuso ibrido. Secondo la revisione le nuove tecnologie hanno portato a livelli più bassi di HbA1c, aumento del tempo di glicemia nel range tra 70-180 mg/dl definito dal CGM, riduzione del rischio di ipoglicemia e miglioramento degli esiti riferiti dalle persone. La revisione ha concluso che:

  • l’uso del CGM tra i bambini molto piccoli ha ridotto il rischio di ipoglicemia e abbassato lo stress dei genitori, avendo un impatto minimo sui livelli di HbA1c e sul tempo nel range rispetto all’automonitoraggio della glicemia;
  • le tecnologie che includono la terapia con pompe a sensori, le pompe con sospensione predittiva della bassa glicemia e i sistemi di somministrazione automatica dell’insulina hanno migliorato l’ipoglicemia, il tempo nel range e i livelli di HbA1c in tutti i gruppi di età;
  • nelle decisioni cliniche relative all’uso della tecnologia dovrebbe essere considerata l’età dell’individuo.

Diabete di tipo 2 (DT2)

Il DT2 è una malattia caratterizzata dalla progressiva perdita di un’adeguata secrezione di insulina da parte delle cellule β, spesso in presenza di un eccesso di adiposità e di insulino-resistenza.

Secondo le stime, a livello mondiale sarebbero circa 500 milioni le persone affette da DT2, con una previsione di aumento a 1,3 miliardi entro il 2050. Nell’iter diagnostico si procede per esclusione, considerando e scartando altre spiegazioni plausibili per la glicemia cronicamente elevata, tenendo presente che la potenziale eterogeneità è ancora una sfida importante in termini di prevenzione e trattamento del DT2.

Prevenzione. Gli RCT su larga scala dimostrano che gli interventi sulla dieta o sullo stile di vita possono ritardare la progressione verso la malattia conclamata. Tuttavia, esiste un’ampia variabilità interindividuale nella risposta agli interventi preventivi. L’identificazione dei fattori predittivi della risposta agli interventi e delle caratteristiche delle persone che hanno maggiori probabilità di trarne beneficio rimane un’alta priorità e rappresenta un’area di interesse fondamentale per una prevenzione di precisione. Le caratteristiche sociodemografiche come l’età, il sesso, la razza/etnia o lo stato socioeconomico non sembrano influenzare in modo significativo la risposta all’intervento.

Diagnosi. I semplici approcci di sottoclassificazione del DT2 si sono concentrati su dati quali autoanticorpi pancreatici, BMI, misure relative alla funzione delle cellule pancreatiche, età alla diagnosi, profili lipidici, misure di tolleranza orale al glucosio e caratteristiche cardiovascolari. I disegni degli studi, i tagli specifici e gli esiti erano eterogenei, con nessuno studio replicato o rispondente alla qualità GRADE (Grading of Recommendations Assessment, Developmentand Evaluation).

Intervento. Il documento di consenso si è concentrato su inibitori SGLT2 (SGLT2i) e i GLP1-RA, che hanno dimostrato di ridurre non solo la glicemia, ma anche il rischio di esiti renali e cardiovascolari nei soggetti ad alto rischio con DT2. Altri farmaci non sono stati inclusi in questa valutazione.

Complessivamente, sono state trovate prove limitate di una robusta modifica degli effetti di GLP1-RA o SGLT2i sulla glicemia, sugli esiti renali o cardiovascolari in base a queste caratteristiche. Più nello specifico:

  • per gli SGLT2i, una ridotta funzionalità renale al basale è risultata associata a una minore risposta glicemica, mentre un livello di HbA1c più elevato al basale era associato a una maggiore risposta glicemica;
  • per i GLP1-RA, una minore funzione cellulare era associata a una minore risposta glicemica;
  • in generale, la forza dell’evidenza è risultata modesta.
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Folco Claudi
Folco Claudi

Giornalista medico scientifico

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