
Diagnosi di infezione Sars-CoV-2 recente in presenza di tampone negativo
Lo studio qui presentato, condotto su 33 soggetti, mette in evidenza l’utilità della valutazione ecografica del torace in associazione con l’esame sierologico per la diagnosi di infezione Covid-19 recente in pazienti sintomatici che hanno avuto contatti certi con soggetti positivi, anche in caso di negatività del tampone naso-faringeo.
Gianpaolo Carignano1, Eleonora Cesana2
- Specialista in Malattie dell’apparato respiratorio, MMG ASL CN l di Cuneo
- Medico tirocinante del corso di formazione in Medicina generale della Regione Piemonte
Dall’inizio del periodo pandemico sono stati riscontrati casi non infrequenti di pazienti con sintomi respiratori sospetti per infezione Covid-19 che avendo avuto contatti diretti e prolungati con persone affette da infezione Sars-CoV-2 certa (familiari, conviventi, colleghi di lavoro ecc.) erano però risultati negativi a uno o più test diagnostici specifici (tampone naso-faringeo negativo).
In base alle indicazioni ministeriali vigenti questi pazienti sono stati considerati ufficialmente indenni dall’infezione e dalla malattia senza possibili conferme diagnostiche alternative ritenute valide.
L’elevato indice di contagiosità del virus e la presenza di un’elevata percentuale di false negatività dei test diagnostici rapidi in uso, evidenziate dalla letteratura scientifica recente, pongono però dubbi sull’effettiva validità di molti di questi accertamenti.
Questo studio è un tentativo di verificare se, con il venir meno delle implicanze burocratiche e legali correlate al valore della diagnosi di infezione da Sars-CoV-2, con il ritorno a valutazioni di carattere puramente medico-clinico si possano considerare possibilità diagnostiche alternative e complementari, sulla base delle evidenze presentate, laddove a fronte di un fondato sospetto clinico-anamnestico il tampone naso-faringeo risulti negativo.
La diagnosi di infezione Sars-CoV-2 secondo le indicazioni ministeriali
Secondo le ultime indicazioni ministeriali, aggiornate al 2023 – che riprendono le indicazioni dell’ECDC – la diagnosi di infezione Covid-19 è tuttora basata (1,2) sulla positività del tampone naso-faringeo molecolare o del tampone antigenico rapido.
I test molecolari su campione respiratorio naso-faringeo o oro-faringeo restano tuttora il gold standard internazionale per la diagnosi in termini di sensibilità e specificità. La metodica di real-time RT-PCR (Reverse Transcription-Polymerase Chain Reaction) permette attraverso l’amplificazione dei geni virali maggiormente espressi di rilevare il genoma virale anche in presenza di bassa carica virale, quindi anche in soggetti pre-sintomatici o asintomatici.
I test antigenici rapidi rilevano la presenza di proteine virali (antigeni). Sono disponibili diversi tipi di test antigenico, dai saggi immunocromatografici lateral flow (prima generazione) ai test a lettura immunofluorescente (seconda generazione), i quali hanno migliori prestazioni. I test di ultima generazione (immunofluorescenza con lettura in microfluidica) sembrano mostrare risultati sovrapponibili ai saggi di RT-PCR.
I test sierologici rilevano l’esposizione al virus, evidenziando la presenza di anticorpi contro il virus, ma non sono in grado di confermare o meno un’infezione in atto. Per questo motivo, allo stato attuale dell’evoluzione tecnologica non possono sostituire i test diagnostici (molecolare o antigenico).
Il problema dei tamponi falsi negativi
Per i problemi di urgenza, praticità ed economicità durante la fase emergenziale il ruolo dei test antigenici rapidi è stato fondamentale per il tracciamento dei pazienti positivi, sia dal punto di vista strettamente clinico che per le note concomitanze burocratiche e legali (rilascio del green pass, rispetto degli obblighi vaccinali ecc.).
Purtroppo l’elevata specificità di questi test non è risultata associata ad un’adeguata sensibilità, come risulta da numerosi studi clinici. Questa sensibilità risulta molto variabile e mediamente bassa con valori di falsi negativi variabili dal 30 al 50%, a seconda degli autori (3, 4, 5, 6).
Le motivazioni di questa scarsa sensibilità sono da ricercare in molteplici cause che comprendono la tipologia del test utilizzato, la manualità dell’operatore, la tempistica di esecuzione del test rispetto al momento dell’infezione.
Mentre la specificità risulta essere estremamente elevata sia in laboratorio che sul campo per entrambe le tipologie di test, superiore al 99,9% sia per i test RT-PCR che per quelli antigenici, la sensibilità dei test RT-PCR, stimata all’89,9% per esempio in uno studio clinico finlandese (7) è superiore alla sensibilità dei test antigenici rapidi.
Uno studio inglese pubblicato a luglio 2021 (8) ha considerato campioni prelevati da personale inesperto e da operatori specializzati, evidenziando che la sensibilità risultava essere rispettivamente del 45% per i primi e dell’80% per i secondi (8). Lo studio ha osservato inoltre che la sensibilità dei test antigenici rapidi aumenta insieme alla carica virale. Per carica virale elevata (più di un milione di particelle virali per millilitro), la sensibilità è almeno dell’80% per i campioni prelevati da personale inesperto e almeno dell’85% per i campioni prelevati da operatori specializzati.
La tempistica di esecuzione del test rispetto al punto zero (7, 9), rappresentato dall’infezione virale, costituisce un ulteriore importante fattore di variazione della sensibilità dei test diagnostici, come mostrato in FIGURA 1.
Figura 1 Variazione di sensibilità dei test rispetto alla tempistica di esecuzione
Risulta evidente come i periodi iniziali dell’infezione ed i periodi successivi al picco replicativo del virus, entrambi al di sotto della soglia di rilevazione delle componenti antigeniche virali dei test in uso, giustifichino l’elevata percentuale di falsi negativi in queste fasi dell’infezione.
La risposta anticorpale ai vaccini anti-Sars-CoV-2 e la sua evoluzione nel tempo
La valutazione sierologica della risposta anticorpale all’infezione da Sars-CoV-2 non è riconosciuta valida ai fini della diagnosi di infezione recente. Tuttavia la risposta anticorpale al vaccino specifico risulta essere un parametro fondamentale per valutare l’entità e la validità della risposta immunitaria indotta dalla vaccinazione.
In molti studi si evidenzia come tale risposta correli con la protezione nei confronti delle complicanze gravi della malattia. Numerosi studi sono stati effettuati (10) per monitorare l’andamento della risposta anticorpale e le sue modificazioni nel tempo, in rapporto alle diverse fasi del ciclo vaccinale (prima dose, seconda dose, dosi booster). Con alcune differenze non sostanziali, questi studi concordano su una progressiva riduzione dei valori anticorpali nel tempo, al termine del ciclo vaccinale completo e delle successive eventuali dosi booster. Tale riduzione rispetto al picco anticorpale post-vaccinale (evidenziato a circa 30 giorni dall’ultima dose somministrata) raggiunge valori importanti dell’ordine di 85-93% a 6 e 9 mesi.
Una particolare attenzione merita lo studio italiano denominato Renaissance eseguito presso l’ospedale Niguarda di Milano su oltre 2.000 operatori sanitari. È stata valutata la risposta anticorpale dopo completamento di ciclo vaccinale di tre dosi, a tre, sei e nove mesi dall’ultima dose. In particolare, a distanza di sei mesi dalla terza dose, l’85,6% dei vaccinati presentava livelli anticorpali <1.000 BAU/ml (Binding Antibody Unit/ml).
In questi sei mesi il titolo anticorpale medio è naturalmente sceso. In particolare la curva di riduzione è stata più netta e veloce nei primi 3 mesi (tra i 14 giorni e i 3 mesi il calo è stato di circa il 70%) e più lenta e graduale nel periodo successivo (circa il 45%).
Come mostra la FIGURA 2 l’86% del campione studiato possiede a 6 mesi un titolo inferiore a 1.000 BAU, il 6% un titolo tra 1.000 e 1.500 BAU, un 3% tra 1.500 e 2.000 BAU e un 4% un titolo superiore a 2.000 BAU. L’1% invece non ha una risposta anticorpale rilevabile. Nel 4% dei soggetti studiati si riscontravano ancora titoli altissimi, superiori a 2.000 BAU (il 51% di questi aveva però una storia di infezione Covid-19 prima della vaccinazione) (FIGURA 2).
Figura 2 Risultati dell0 studio Renaissance
Analogamente altri studi evidenziano come l’efficacia vaccinale si attenui progressivamente nel tempo, riducendosi ad esempio da 90% a 50% contro il rischio di sviluppare forme sintomatiche di Covid-19 a 5-6 mesi dal completamento del ciclo di vaccinazione primaria. Questa riduzione si riflette specularmente nel progressivo calo della risposta anticorpale, giacché il titolo degli anticorpi neutralizzanti anti-Sars-CoV-2 cala anch’esso progressivamente nel tempo (di oltre l’80% rispetto al picco). Si stima che dopo 7-9 mesi, oltre il 50% della popolazione vaccinata possa aver perduto la protezione anticorpale.
In questi studi l’entità e l’efficacia della risposta vaccinale sono state valutate tramite:
- ricerca di anticorpi neutralizzanti di classe IgG anti-proteina spike (BAU/ml),
- ricerca di anticorpi neutralizzanti IgG diretti contro il dominio recettoriale del virus (RBD, BAU/ml).
Uno studio epidemiologico prospettico ha rilevato (12) come tutti i soggetti vaccinati vadano incontro a fisiologica riduzione dei livelli sierici di anticorpi anti-Sars-CoV-2 a sei mesi dall’ultima dose somministrata del vaccino a mRNA Comirnaty (Pfizer/BioNTech). In molti di essi, soprattutto (ma non soltanto) i più anziani, si è osservato un calo così accentuato da ridurre considerevolmente l’efficienza della risposta anticorpale al virus. Questi risultati sono stati, e restano, alla base delle indicazioni sulla tempistica per l’esecuzione dei richiami vaccinali soprattutto per le persone a più alto rischio.
L’ecografia toracica nelle manifestazioni polmonari del Sars-CoV-2
L’ecografia toracica, accertamento diagnostico strettamente collegato ai rilievi clinici, è da tempo utilizzata in Medicina d’Urgenza e nei Reparti di Rianimazione, come complemento diagnostico al momento dell’ingresso ospedaliero (evidenziando in alcuni studi una sensibilità diagnostica nei confronti delle infezioni Sars-CoV-2, superiore del 20% rispetto al solo tampone naso-faringeo), per la diagnosi e la stadiazione delle infezioni più gravi Covid correlate, nel corso del ricovero ospedaliero e nel follow up post dimissione (16, 17, 18).
La gestione dei casi di infezione non gravi e non complicati, che rappresentano la maggioranza dei pazienti, è stata ed è tuttora di competenza dei medici di Medicina generale del territorio, sulla base dei soli dati clinici eventualmente integrati dall’imaging radiologico toracico di base.
Da diversi dati della letteratura risulta che sia l’esame obiettivo che l’imaging radiologico di base del torace risultino di scarsa utilità per un corretto inquadramento diagnostico di questa tipologia di pazienti. Allo stesso tempo, l’accertamento diagnostico gold standard per la corretta valutazione delle lesioni polmonari Covid correlate, l’HRCT (TC del torace ad alta risoluzione), per motivi organizzativi e di economia sanitaria non ha indicazioni per l’utilizzo nei casi di infezione lieve o di media entità se non clinicamente motivate (13,14).
L’ecografia toracica può essere considerata, proprio in questi pazienti, sul territorio, una valida ed affidabile alternativa all’HRCT per la praticità di utilizzo, l’economicità e l’elevata sensibilità e specificità in periodo pandemico, nella rilevazione di lesioni pleuro-parenchimali Covid correlate sia in fase acuta che nelle fasi successive.
L’esperienza personale maturata (16) in questi ultimi tre anni da inizio pandemia, con la valutazione diretta clinica ed ecografica di più di 2.000 pazienti affetti da malattia Covid correlata in atto o pregressa, ha permesso di confermare ampiamente i dati della letteratura relativi alle possibilità diagnostiche di questo strumento, che considero ormai insostituibile per un corretto inquadramento diagnostico e terapeutico di questi pazienti, necessario anche per il follow up nel tempo. Nonostante queste caratteristiche, risulta tuttora sotto utilizzata a livello territoriale soprattutto per le difficoltà legate alle problematiche organizzative ed economiche difficilmente superabili nell’ambito degli studi di Medicina generale gestiti da singoli medici.
L’evoluzione in corso nella riorganizzazione della Medicina generale verso forme associative sempre più complesse e strutturate, nella direzione indicata dal PNRR con la definizione di un decisivo supporto economico, indispensabile sia per l’acquisto delle necessarie dotazioni tecnologiche che per le necessità formative dei medici interessati, potrebbe rappresentare un’occasione unica per estendere l’utilizzo, soprattutto in queste forme associative, di questo importante supporto diagnostico, non solo per le patologie collegate al Covid.
I reperti ecografici del torace evidenziati in corso di infezione Covid-19 (linee B, irregolarità della linea pleurica, microaddensamenti), di per sé aspecifici, assumono una precisa specificità per le caratteristiche di diffusione numerica e spaziale delle lesioni, multiple, bilaterali, asimmetriche, riproducibile nella maggior parte dei pazienti affetti, con un pattern caratteristico che può essere definito “Covid like”. Le manifestazioni anatomopatologiche al torace hanno un equivalente sia nell’imaging ecografico che radiologico (HRCT) (TABELLA 1) (16).
Tabella 1 Manifestazioni pleuro-polmonari Covid-19 correlate:
confronto tra imaging ecografico e radiologico (HRCT) al torace
Alcuni studi di imaging radiologico (HRCT) eseguiti sia su adulti che su bambini COVID positivi hanno evidenziato la presenza di alterazioni pleuropolmonari in oltre il 50% dei casi anche in pazienti asintomatici e paucisintomatici (19, 14)
Analoghe conclusioni sono state evidenziate da recenti studi di imaging ecografico del torace territoriali (pocus, point of care ultrasound) (17, 18).
Ad integrazione di quanto sopra specificato, si segnala che le linee B di riscontro ecografico, al di là della valutazione di numero e distribuzione topografica, possono dare indicazioni indirette anche sulla comparsa temporale della lesione, avendo caratteristiche diverse se rilevate in corso di patologie recenti oppure in fasi di successiva stabilizzazione.
Impianto dello studio
Sono stati selezionati 33 pazienti afferiti al controllo clinico ambulatoriale per la presenza di uno o più sintomi respiratori persistenti da più di un mese, inquadrabili in una possibile sindrome long COVID (tosse secca, dispnea, toracoalgie); i pazienti avevano avuto contatti diretti familiari o lavorativi con persone affette da infezione Covid certa (tampone positivo) e avevano effettuato uno o più tamponi naso-faringei per la conferma del sospetto clinico di infezione, con risultato negativo. Tutti i pazienti arruolati erano caratterizzati da un’anamnesi personale negativa per pregressa infezione da Sars-CoV-2 e avevano ricevuto 3 o 4 dosi vaccinali (TABELLA 2).
Tabella 2 Caratteristiche dei pazienti per il reclutamento nello studio
L’ultima dose di vaccino era stata praticata da almeno 12 mesi (un intervallo temporale sufficiente per presumere, in base ai dati della letteratura, un basso livello anticorpale correlato alla sola risposta vaccinale) (10, 11, 12).
I partecipanti sono stati valutati clinicamente (si segnala il riscontro di esame obiettivo broncopolmonare negativo in tutti i pazienti) e successivamente sottoposti a studio ecografico del torace secondo il protocollo LUS (analisi ecografica sistematica dei due emitoraci suddivisi ciascuno in 6 campi a destra e 6 campi a sinistra, superiore e inferiore anteriori, superiore e inferiore laterali, superiore e inferiore posteriori, analisi separata dei due apici).
Le anomalie ecografiche riscontrate (fondamentalmente linee B ed irregolarità della linea pleurica) sono state successivamente riportate in un modello topografico specifico, necessario per la corretta stadiazione ed i successivi controlli di follow up) (FIGURA 3).
Figura 3 Sig. D.M. 84 anni, già vaccinato per Covid 4 dosi, ultima dose febbraio 2023, visita del 19/01/2024:da 20 giorni tosse di carattere irritativo con febbricola, tampone Covid negativo in data 09/01/2024, clinica al torace negativa, ecografia toracica sospetta per pattern ecografico Covid-19, sierologico Covid del 22/01/2024: anticorpi Sars-CoV-2 IgG neutralizzanti anti-Covid, con test trimerico, metodo CLIA, BAU/ml >2080 (positivo >33)
I pazienti con evidenza di un quadro ecografico al torace sospetto per infezione recente (presenza di focalità ecografiche B multiple, bilaterali, di aspetto recente, irregolarità della linea pleurica) sono stati successivamente avviati a prelievo ematico per la ricerca di anticorpi anti-Sars-CoV-2 (Ab Sars- CoV-2 IgG neutralizzanti, con test trimerico, metodo CLIA, BAU/ml, con limiti di riferimento di negatività per valori <33,8 e valore di positività massima 2.080 BAU/ml).
Per garantire uniformità, i pazienti sono stati avviati per l’esame sierologico presso il laboratorio analisi della ASL CN 1 di Cuneo (l’importo dell’esame sierologico, di circa 15 euro, non rientrando nelle prestazioni diagnostiche a carico del SSN, è stato sostenuto direttamente dai pazienti).
Si segnala che lo stesso metodo diagnostico (11, 12) è stato utilizzato nei principali studi della letteratura per la valutazione della risposta anticorpale ai vaccini anti-COVID 19 e la sua evoluzione nel tempo.
Risultati
Il campione selezionato comprendeva 33 pazienti di cui 20 uomini e 13 donne (FIGURA 4), con età media di 65 anni (range 20-89 anni).
Figura 4 Partecipanti allo studio suddivisi per genere
I partecipanti erano stati tutti sottoposti in passato a vaccinazione per Sars-CoV-2, con un numero variabile di dosi ricevute, da un minimo di 2 ad un massimo di 4; la maggior parte dei pazienti aveva ricevuto tre dosi. Il numero totale di lesioni rilevate per ogni paziente varia in un range da 4 a 12, valore medio di 7 lesioni totali, con bilateralità delle lesioni presente in tutti i pazienti esaminati (FIGURA 5).
Figura 5 Numero di focalità ecografiche rilevate al torace
Tutti i pazienti con quadro ecografico al torace sospetto per recente infezione Covid-19 (33/33) hanno eseguito il dosaggio di anticorpi anti-Sars-CoV-2 nei giorni immediatamente successivi all’arruolamento nello studio, risultando al di sopra del valore positivo massimo per la metodica utilizzata dal laboratorio diagnostico utilizzato (2.080 BAU/ml) in 30 casi (91%) e al di sotto di tale valore in soli 3 casi (9%), ma comunque con valori molto elevati e non attribuibili, in baseai dati della letteratura (11) al residuo effetto dell’ultima dose vaccinale, pari al 9 % del campione (FIGURA 6)
Figura 6 Titoli anticorpali anti-Sars-CoV-2 rilevati (BAU/ml)
Nel progetto iniziale dello studio era previsto l’arruolamento di 50 pazienti, ma l’uniformità e la unidirezionalità dei risultati ottenuti nel corso dello svolgimento hanno fatto ritenere non influente per la prosecuzione dello studio stesso l’arruolamento di ulteriori pazienti. I risultati si riferiscono pertanto ai primi 33 pazienti studiati.
Commenti
Nel 91% dei pazienti selezionati sono stati rilevati valori di anticorpi anti-Sars-CoV-2 superiori ai valori massimi previsti dalla metodica utilizzata; i restanti (3 pazienti) avevano valori inferiori ai massimi della metodica ma comunque molto elevati e non correlabili, in base ai dati della letteratura già presentati, al solo effetto residuo dell’ultima dose vaccinale, effettuata da oltre 9 mesi, periodo sufficiente a far ridurre la concentrazione anticorpale a valori inferiori al 90% rispetto al picco iniziale. Tali valori elevati possono pertanto essere giustificati solo da una infezione recente misconosciuta, per quanto non rilevata dai tamponi eseguiti.
Conclusioni
I dati presentati suggeriscono che ai fini della diagnosi di un’infezione COVID-19 recente, l’associazione dello studio ecografico del torace con l’esame sierologico per la ricerca di anticorpi anti-Sars-CoV-2, in pazienti sintomatici con pregressi contatti certi con pazienti Covid positivi, anche in caso di negatività del tampone naso-faringeo, garantisca una sensibilità ed attendibiltà diagnostica superiori al tampone naso-faringeo stesso.
Al di là dei limitati numeri e dei dati riportati nello studio, le numerose valutazioni clinico-ecografiche personalmente effettuate su questa tipologia di pazienti, nel corso di questi ultimi tre anni, hanno permesso di rilevare costantemente le alterazioni ecografiche al torace, patognomoniche per Covid-19 recente, successivamente confermate dal controllo sierologico specifico.
In conclusione, l’associazione dei dati clinicoanamnestici (sintomatologia respiratoria in pazienti a contatto con Covid positivi) con il riscontro di alterazioni ecografiche al torace tipiche per infezione Covid, potrebbe essere sufficiente a sospettare/ confermare una recente infezione Sars –Cov-2 indipendentemente dal risultato del tampone nasofaringeo, ed utilizzabile a completamento diagnostico nei casi sospetti con tampone negativo.
Questi risultati pongono alcune problematiche importanti che meriterebbero ulteriori approfondimenti, valutazioni, e confronti per le novità che sembrano introdurre su argomenti già da tempo definiti ed accettati.
1) Se, come si evince dai dati presentati, l’associazione di due dati oggettivi quali il quadro ecografico al torace e l’esame sierologico, possono essere in grado di diagnosticare un’infezione recente in presenza di negatività del tampone nasofaringeo, che influenza dovrebbe avere questo risultato sul futuro timing vaccinale del paziente?
2) Questo paziente ufficialmente negativo in base alle attuali indicazioni ministeriali, come dovrebbe essere considerato in termini strettamente igienico-sanitari ai fini di un eventuale isolamento o di provvedimenti limitativi?
La risposta al primo quesito, a mio giudizio, è che questi pazienti debbano essere a tutti gli effetti considerati come pazienti che abbiano contratto e superato un’infezione recente, con le conseguenti modificazioni del successivo timing vaccinale.
La risposta al secondo quesito è sicuramente più complessa e non può che essere definita nel quadro delle progressive evoluzioni della materia, nelle quali non posso addentrarmi, conseguenti all’endemizzazione in corso del Sars-CoV-2 ed alla progressiva riduzione e gravità delle sue manifestazioni cliniche.
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