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Ipercolesterolemia, come raggiungere i target terapeutici ottimali

Da una parte il principio guida “the lower, the better” (più basso è, meglio è), che definisce gli obiettivi, in prevenzione primaria così come in quella secondaria. Dall’altra le statine, che rappresentano attualmente il trattamento farmacologico di elezione per mettere in pratica tale principio. Sono questi i due pilastri su cui poggia il trattamento dell’ipercolesterolemia, secondo le più recenti acquisizioni della ricerca biomedica e della pratica clinica [1].

A questi pilastri poi se ne aggiunge un terzo, quello delle ulteriori opzioni terapeutiche, anche in combinazione, a cui si è unito di recente l’acido bempedoico, indicato per i pazienti che sono intolleranti alle statine o che per altri motivi non possono o non vogliono assumerle.

L’Agenzia italiana per il farmaco (AIFA) ne ha infatti approvato la rimborsabilità nel marzo di quest’anno, in monoterapia o in combinazione con altre molecole (si veda il riquadro in fondo all’articolo per un dettaglio delle indicazioni) [2].

Alla base di questo approccio molto deciso c’è l’evidenza, ormai inequivocabile, che l’evento chiave che dà inizio all’aterogenesi è la ritenzione di colesterolo LDL e di altre lipoproteine ricche di colesterolo all’interno della parete arteriosa. Il ruolo causale del colesterolo LDL e di altre lipoproteine contenenti apo-B nello sviluppo della malattia cardiovascolare aterosclerotica (ASCVD) – e quindi il rapporto causale tra elevati livelli di colesterolo LDL (C-LDL) ed eventi cardiovascolari maggiori, quali ictus e infarto miocardico – è dimostrato senza alcun dubbio da studi genetici, osservazionali e di intervento.

Una metanalisi degli studi clinici ha indicato che la riduzione del rischio cardiovascolare è proporzionale alla riduzione assoluta dell’LDL-C, indipendentemente dal farmaco o dai farmaci utilizzati per ottenere tale variazione [3]. Per questo motivo, l’abbassamento di tali livelli è considerato una priorità nell’ambito della prevenzione cardiovascolare.

Alla ricerca dei livelli ideali di colesterolo

Stabilito che l’ipercolesterolemia va corretta, la prima domanda che tutti si pongono è: i livelli di LDL vanno abbassati – sì, ma di quanto? Negli anni, i target terapeutici stabiliti dalle società scientifiche di riferimento sono cambiati, tendenzialmente al ribasso.

Un punto fermo è stato posto nel 2019, quando la Società Europea di Cardiologia (ESC), nelle sue Linee guida dedicate alla gestione delle dislipidemie, ha ridotto rispetto al passato i target terapeutici per i soggetti caratterizzati da un rischio cardiovascolare elevato o molto elevato (TABELLA 1) [1].

 

Il livello di rischio di ogni singolo paziente viene definito considerando le sue condizioni cliniche e i suoi livelli di colesterolemia al basale. Per esempio, nel caso di pazienti con rischio elevato oppure molto elevato (o in prevenzione secondaria), la raccomandazione è per una riduzione del 50% o più dei valori basali, con obiettivi di livelli inferiori a 70 mg/dl e a 55 mg/dl nei due casi, rispettivamente. L’obiettivo è ancora più ambizioso (meno di 40 mg/dl) nei soggetti con rischio particolarmente elevato e in caso di ulteriore evento entro due anni (TABELLA 2) [1].

 

È ampiamente accettato il fatto che l’opzione terapeutica di prima linea per raggiungere target così ambiziosi è rappresentata dalle statine ad alta intensità: atorvastatina 40-80 mg o rosuvastatina 20-40 mg. Allo stesso modo, è verificato che le statine attuali producono una riduzione del 22% del rischio di eventi vascolari per ogni riduzione del livello di colesterolo LDL di 39 mg/dl (1 mmol/l), con una risposta approssimativamente lineare [3].

A questo quadro di efficacia sostanzialmente favorevole fanno tuttavia da contrappunto alcune criticità. Nella pratica clinica, perseguire i valori indicati dalle linee guida si è dimostrato spesso arduo, alcune volte con problemi di intolleranza e un’ampia variabilità interindividuale in termini di risposta a una dose fissa di questi farmaci, e infine un piccolo ma non trascurabile rischio di miopatie, segnalato, a seconda degli studi, da una percentuale di pazienti variabile tra il 7 e il 29%, che lamentano sintomi quali affaticamento, dolore muscolare, dolorabilità, debolezza muscolare, crampi notturni o dolore ai tendini (un maggior rischio di effetti collaterali sembra essere associato a condizioni quali l’età avanzata, l’obesità, il diabete, le malattie epatiche croniche e le malattie renali croniche) [3].

Tutte queste considerazioni devono motivare i clinici a scegliere con cautela la terapia con le molecole con minori effetti collaterali e maggiori probabilità di aderenza terapeutica. Qualora i rischi possano prevedibilmente superare i benefici, è possibile avvalersi di altri farmaci.

Le opzioni terapeutiche attualmente disponibili (TABELLA 3) includono l’ezetimibe e gli inibitori della proproteina della convertasi subtilisina/kexina di tipo 9 (PCSK9-I) – evolocumab e alirocumab – oltre al già citato acido bempedoico da poco approvato. Chiaramente non è escluso un impiego delle diverse molecole in combinazione: grazie al fatto che hanno diversi meccanismi di azione, si può contare su un loro effetto sinergico. Alcuni studi osservazionali hanno mostrato per esempio che le statine, in combinazione con ezetimibe o con PCSK9-I consentono di raggiungere i target terapeutici con maggiore probabilità rispetto alla monoterapia con statine [1].

 

Una nuova opzione terapeutica

Una novità nel trattamento dell’ipercolesterolemia è rappresentata dall’acido bempedoico, che esplica la sua azione a monte del target delle statine. Si tratta di un profarmaco che, una volta attivato, inibisce in modo selettivo l’ATP citrato liasi (ACL), un enzima coinvolto nella produzione di colesterolo nel fegato [4].

In alcuni studi passati, la monoterapia con acido bempedoico ha dimostrato di poter abbassare il livello di colesterolo LDL fino al 28%, e questo effetto è attenuato a circa il 16% nei pazienti che ricevono la dose massima tollerata di statine [4]. Dal punto di vista della sicurezza, inoltre, la somministrazione di acido bempedoico ha il vantaggio di un più basso rischio di effetti collaterali muscoloscheletrici, ma fino a poco tempo fa il suo profilo di rischio cardiovascolare rimaneva incerto.

A colmare questa lacuna sono arrivati i risultati dello studio CLEAR (Cholesterol Lowering via Bempedoic Acid, an ACL-Inhibiting Regimen) Outcomes, che ha testato l’effetto dell’acido bempedoico in pazienti con aumentato rischio di malattie cardiovascolari; la popolazione target dello studio era costituita da pazienti che non potevano o non volevano assumere statine ad alta intensità a causa di effetti avversi inaccettabili. Hanno partecipato alla randomizzazione 13.970 pazienti: 6.992 sono stati assegnati al gruppo acido bempedoico (180 mg al giorno per via orale) e 6.978 al gruppo placebo. La durata mediana del follow-up è stata di 40,6 mesi. L’end point primario era un composito di quattro componenti di eventi cardiovascolari avversi maggiori, definiti come morte per cause cardiovascolari, infarto miocardico non fatale, ictus non fatale o rivascolarizzazione coronarica [5].

Dall’analisi dei dati raccolti è emerso che l’assunzione di acido bempedoico era associata a una riduzione del livello di colesterolo LDL di 21 punti percentuali maggiore rispetto al placebo. Questa riduzione del livello di colesterolo corrispondeva a un rischio inferiore del 13% di eventi cardiovascolari avversi maggiori [4].

Lo studio CLEAR Outcomes ha inoltre dimostrato che l’acido bempedoico, utilizzato in aggiunta a una modesta terapia ipocolesterolemizzante, ha portato a una riduzione del livello di colesterolo LDL superiore a quella ottenuta con il placebo di 29 mg per decilitro (0,75 mmol per litro), un risultato che corrisponde a un rischio di malattia cardiovascolare inferiore del 13% [4]. L’acido bempedoico è disponibile in formulazione singola o in un’associazione a dose fissa con ezetimibe: le indicazioni terapeutiche per le quali l’associazione è approvata dall’AIFA sono indicate nel riquadro qui sotto.

 

Bibliografia

  1. Arca M, Di Fusco SA. Dislipidemia: i nuovi target e importanza delle terapie di associazione. G Ital Cardiol 2021;22,Suppl.1 AL n.4
  2. AIFA DETERMINA 13 gennaio 2023
  3. Visseren FLJ et al. 2021 ESC Guidelines on cardiovascular disease prevention in clinical practice. European Heart Journal (2021)42,3227-3337
  4. Keaney JF, Jr. Bempedoic Acid and the Prevention of Cardiovascular Disease. N Engl J Med 2023;388(15):1427-1430
  5. Nissen SE et al. for the CLEAR Outcomes Investigators. Bempedoic Acid and Cardiovascular Outcomes in Statin-Intolerant Patients. N Engl J Med. 2023; 388(15):1353-1364
Folco Claudi
Folco Claudi

Giornalista medico scientifico